8 maggio 2021

La festa delle feste

Autore: Ester Annetta
Non basta un solo giorno per celebrarla.

È una delle affermazioni che più frequentemente si utilizza – ed in maniera polemica - per sottolineare l’”ipocrisia” con cui, in giorni canonici, viene posta attenzione a temi che la coscienza collettiva vorrebbe non andassero mai persi di vista e per i quali sarebbero ben più opportuni impegno, difesa ed interesse costanti.

La si sente perciò ripetere in occasione della celebrazione della giornata della Memoria, della festa della donna, e di un’altra numerosa serie di giornate istituzionalmente dedicate a ricorrenze che, perlopiù, hanno trovano genesi in vicende drammatiche.

Ma, fuori da ogni polemica e discostandosi dalle date simboliche la cui memoria inevitabilmente si lega a vicende storiche, quell’affermazione appare tanto più fondata se la si accosta ad una figura la cui importanza, universalmente riconosciuta, può ben dirsi non abbia altra data di inizio se non quella dell’origine stessa del mondo.

Mamma. Due sillabe soltanto, le prime che pronuncia ogni bambino nella fase della lallazione, senza consapevolezza - si dice - come mero esercizio di suono con cui si sperimenta una variazione nell’emissione della vocale “a” quando la si interrompe con una grossolana "m" generata dal solo chiudere e stringere le labbra, che appena si riaprono tornano a liberare la "a". Una spiegazione, questa, che, come tutte quelle scientifiche, cozza col sentimento, ed è perciò volutamente respinta da chiunque, nell’attesa della prima parola di senso compiuto pronunciata dall’infante, soccombe all’effetto galvanizzante dell’attribuzione di un significato (che realmente ancora non c’è) alla ripetizione giocosa di quelle due sillabe.

E, tuttavia, un dato è certo: “mamma” si dice allo stesso modo in quasi tutte le lingue del mondo. Quale segno può essere allora più convincente dell’universalità di quella parola che, nella sua semplicità, non può avere altri significati se non quello di racchiudere il più nobile e straordinario dei legami tra esseri viventi?!

Ed è forse a riprova dell’impossibilità di canonizzare un giorno che, più degli altri, valga a celebrare la mamma che, per la sua festa, non esiste una data unica e fissa.

In Italia - e in altri paesi di religione cristiana e cattolica – si è scelto di celebrarla a maggio, il mese dedicato alla Madonna, madre di tutte le madri. Fino all’anno 2000 il giorno prescelto era l’8, ma, considerato che sarebbe potuto capitare anche durante la settimana e rendere perciò meno “solenne” la ricorrenza, si è deciso di spostarlo alla seconda domenica, rendendola, così, una data "mobile", come Pasqua o Carnevale.

In altri paesi la festa cade in date diverse: a marzo in Egitto e Inghilterra, a ottobre in Argentina, a febbraio in Norvegia, ad agosto in Thailandia.

Sono antichissime le origini di questa festa: possono farsi risalire all’epoca degli antichi greci, che, tuttavia, le assegnavano un significato diverso e più ampio. Al centro della celebrazione c’erano infatti la Madre Terra ed altre divinità femminili (tra cui Rea, sposa di Crono e madre di tutti gli dei, celebrata come procreatrice per antonomasia) legate alla rinascita della natura in primavera, simbolo di vita e fertilità.

I romani, a loro volta, omaggiavano Cibele, la Magna Mater, dea della natura e madre degli dei, dedicandole una settimana di festeggiamenti, la cosiddetta "Floralia", che si svolgeva a maggio, mese dei fiori. Più tardi, in epoca cristiana (nel Medioevo soprattutto) la figura di Cibele venne sostituita da quella della Madonna, celebrata sempre nello stesso mese.

La Festa della Mamma come a noi oggi nota è nata invece in epoca più recente; già tra il ‘600 e il ‘700 si celebrava in Gran Bretagna il "Mothering Sunday", corrispondente alla quarta domenica di Quaresima, giorno in cui i bambini lontani da casa (poiché spesso venivano mandati anche in tenera età ospiti di istituti dove apprendevano mestieri) portavano in dono alle madri fiori colorati e profumati.

Il vero e proprio “Mother's Day” nacque però più tardi, negli Stati Uniti, tra la seconda metà del Settecento e gli inizi dell'Ottocento, all’epoca delle lotte per l'abolizione della schiavitù e per il suffragio universale. Fu la pacifista Julia Ward Howe a proporre per la prima volta l'istituzione di una giornata dedicata alle mamme, dapprima nel 1872 quando, divenuta la direttrice del Woman's Journal - una rivista suffragista di ampia lettura - scrisse il suo "Appello alla femminilità nel mondo", in seguito noto come “Proclamazione della festa della mamma”, chiedendo alle donne di tutto il mondo di unirsi per la pace. Allora propose la data del 2 giugno per l’istituzione di quella festa, ma la sua richiesta non fu accolta, come pure accadde più tardi, nel 1893, quando chiese che il 4 luglio potesse essere trasformato in "Festa della mamma".

L’iniziativa fu ripresa qualche tempo dopo da un’altra pacifista-attivista sociale, Anna Marie Jarvis, che il 10 maggio 1908, tre anni dopo la morte di sua madre, organizzò una cerimonia commemorativa per onorare la sua e tutte le madri della sua comunità episcopale metodista presso la chiesa St. Andrews di Grafton, West Virginia (oggi divenuta un santuario internazionale della festa della mamma). Per l’occasione fece arrivare cinquecento garofani bianchi per tutti coloro che avrebbero preso parte alla cerimonia, spiegando così il significato di quel fiore: “La sua bianchezza è quella di simboleggiare la verità, la purezza e la grande carità dell'amore materno, la sua fragranza, la sua memoria e le sue preghiere. Il garofano non cede i suoi petali, ma li stringe al cuore quando muore, e così anche le madri abbracciano i loro figli nei loro cuori, l'amore delle loro madri non muore mai.”.

Nel 1914 quella che era ormai divenuta una ricorrenza di fatto venne ufficialmente ratificata come festa dal Presidente americano Woodrow Wilson. Anna Jarvis continuò ad impegnarsi affinché fosse mantenuta la rilevanza del lato sentimentale della giornata e, come ideatrice della festa, si batté per impedire che essa si perdesse a vantaggio della commercializzazione. Fu uno sforzo inutile, perché ben presto la vendita di confezioni, fiori, biglietti augurali e perfino di candidi garofani bianchi prese il sopravvento, deformando il messaggio originale della festa.

In Italia l’origine della festa della mamma risale al 24 dicembre 1933 quando venne celebrata la prima Giornata nazionale della Madre e del Fanciullo. Fu però nel 1956 che cominciarono ad essere più specificamente festeggiate le mamme, nel mese di maggio. Accadde a Bordighera, su iniziativa dell’allora sindaco nonché senatore Raul Zaccari e del presidente dell’Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia, Giacomo Pallanca.

Il 12 maggio 1957 anche il parroco di Tordibetto di Assisi, don Otello Migliosi, decise di festeggiare la mamma, sottolineando il valore fortemente cristiano della giornata e puntando alla creazione di un dialogo generazionale tra madri e figli.

Nel 1958 fu poi lo stesso senatore Zaccari a presentare al Senato un disegno di legge per istituzionalizzare la festa. Non fu affatto un percorso pacifico, poiché l’approvazione della legge vide contrapporsi ai suoi sostenitori coloro che ritenevano inopportuna il varo di un provvedimento costruito su sentimenti così intimi come il legame madre-figli.

Tuttavia fu proprio quel sentimento a prevalere e a rendere la festa della mamma una delle più sentite ancora oggi.

Ma col diffondersi della festa è cresciuto anche quel suo adiacente aspetto commerciale che già Anna Jarvis aveva tentato di scongiurare. Come ormai è tipico d’ogni ricorrenza calendarizzata, anche per questa s’assiste, nelle settimane che la precedono, al consueto trionfo di vetrine addobbate con confezioni regalo, fiori e cioccolatini che si propongono come doni ideali per veicolare un messaggio d’amore.

Ricordo che da bambina il momento più bello di quel giorno era l’emozione negli occhi di mia madre quando le consegnavo, fiera, il lavoretto cui per giorni avevo lavorato a scuola con l’aiuto delle maestre; la stessa emozione che anni dopo ho provato anch’io, quando a consegnarmi quei lavoretti sono stati i miei figli. Li conservo ancora, tutti, doni preziosi il cui valore nessun gioiello, profumo o scatola di cioccolatini potranno mai pareggiare.

Pensiamo, allora, che domani non sarà affatto un giorno diverso o eccezionale per quantità di cure, affetto ed attenzioni che ogni madre dedicherà ai suoi figli, ma sarà invece un giorno buono per consegnare ancora alle nostre madri un lavoretto semplice e, forse per questo, spesso scontato o trascurato, per fretta o pudore: l’intreccio di tre semplici parole: “ti voglio bene”, il solo dono che farà brillare ancora i loro occhi.
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