martedì, 29 aprile 2025

7 aprile 2025

Partita Iva o lavoro dipendente? Per quali lavoratori il rischio povertà è più alto

Autore: Martina Giampà
Soldi
Negli ultimi anni, il rischio di povertà ed esclusione sociale è aumentato notevolmente per i lavoratori autonomi: +22,7% di famiglie in difficoltà, rispetto al 14,8% delle famiglie con un capofamiglia dipendente.

Nonostante la riduzione dei salari per molte categorie di lavoratori dipendenti, i professionisti e gli imprenditori hanno visto una contrazione ancora più marcata dei loro guadagni, con un impatto diretto sulla qualità della loro vita. I dati e le cause di questa disparità emergono dalle ultime analisi dell’Ufficio Studi CGIA e i dati forniti dall’Istat.

Rischio povertà o esclusione sociale, cosa si intende

Il rischio di povertà e la deprivazione sociale sono indicatori che permettono di misurare quanto le famiglie vivano in difficoltà economiche. Questi indicatori si basano su reddito basso, difficoltà economiche quotidiane e bassa intensità di lavoro.

Salari bassi e rischio di povertà, le difficoltà di lavoratori autonomi e pensionati

I salari bassi sono da tempo argomento di discussione, soprattutto in presenza di dati che indicano un aumento dell’occupazione. Negli ultimi decenni, infatti, abbiamo visto una continua riduzione del potere d’acquisto dei salari, che ha portato molti lavoratori con contratti a bassa qualificazione verso la povertà.

Tuttavia, per i lavoratori autonomi la situazione è stata ancora più difficile. I loro fatturati sono crollati, e di conseguenza, la qualità della vita per le partite IVA è peggiorata in modo significativo.

Il rischio di povertà o esclusione sociale è un indicatore molto complesso, che tiene conto di chi si trova in almeno una delle seguenti situazioni: vive in famiglie a rischio di povertà, affronta gravi difficoltà materiali e sociali, o appartiene a famiglie con una bassa intensità di lavoro. Tra tutte le categorie analizzate dall'Istat, quella che risulta essere più colpita dal disagio economico e sociale è quella dei pensionati, con un rischio di povertà nelle famiglie che arriva al 33,1%.

Partite IVA, di 5 milioni la metà è forfettaria

In Italia, il numero di lavoratori autonomi è stimato in 5.170.000. Di questi, quasi la metà opera con il regime dei minimi, ossia gestisce attività senza dipendenti o strutture aziendali, con un fatturato annuale inferiore a 85.000 euro. Si tratta di semplici partite IVA che basano il loro lavoro sull'autoimprenditorialità.

Questo riguarda molti giovani, donne e persone anziane, soprattutto nel Mezzogiorno, che si sostentano con piccoli lavori o consulenze, senza alcun supporto sociale o pubblico. Questi lavoratori spesso incontrano difficoltà a riscuotere i pagamenti e si trovano in situazioni economiche precarie, con un alto rischio di povertà o esclusione sociale.

Negli ultimi 20 anni il reddito dei lavoratori autonomi si è ridotto, ma di quanto?

Negli ultimi 20 anni, il reddito dei lavoratori autonomi in Italia è diminuito del 30%, mentre quello dei lavoratori dipendenti è sceso di solo l'8%. Per i pensionati, invece, il reddito è rimasto praticamente invariato.

Le difficoltà economiche dei lavoratori autonomi sono state causate da vari fattori, tra cui le crisi economiche, la riduzione dei consumi interni e la crescente concorrenza della grande distribuzione e del commercio online. Questi fattori hanno messo a dura prova le piccole attività e le partite IVA, riducendo drasticamente i loro guadagni.

Dazi, danni anche per i lavoratori autonomi

I lavoratori autonomiitaliani, che non sono direttamente coinvolti nei mercati esteri e che solo pochi partecipano alle filiere produttive legate alle esportazioni, non dovrebbero subire impatti diretti dall’introduzione dei dazi annunciati dal presidente Trump. Tuttavia, gli effetti potrebbero essere diversi. Se le misure protezionistiche adottate dagli Stati Uniti rallentassero la crescita economica e aumentassero l’inflazione anche in Italia, i lavoratori autonomi più fragili potrebbero essere tra i più danneggiati. Per affrontare questa situazione, è fondamentale diversificare i mercati di vendita esteri, rilanciare la domanda interna attraverso l'attuazione del PNRR e favorire una ripresa dei consumi, anche con una riduzione delle imposte per famiglie e imprese.

Rischio povertà in Italia, le regioni più colpite e la situazione nel Mezzogiorno

In Italia, ci sono 13,5 milioni di persone a rischio di povertà o esclusione sociale, pari al 23,1% della popolazione totale. Di queste, 7,7 milioni (circa il 57%) vivono nel Mezzogiorno. La regione con il maggior numero di persone in difficoltà è la Campania, con 2,4 milioni. Seguono la Sicilia con 1,9 milioni, il Lazio con quasi 1,5 milioni, e la Puglia con 1,46 milioni. Se consideriamo la percentuale di popolazione a rischio povertà rispetto al totale degli abitanti, la Calabria ha la quota più alta, con il 48,8%. A seguire ci sono la Campania (43,5%), la Sicilia (40,9%) e la Puglia (37,7%).
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