Nel caso di un iscritto dipendente di società a completa partecipazione pubblica, in considerazione di quanto previsto dal relativo contratto, ovvero l’eventuale applicazione al rapporto di lavoro del contratto collettivo nazionale di riferimento, si dovrà far riferimento a quest’ultimo, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di clausole contenenti il divieto d’esercizio dell’attività professionale.
Con il Pronto Ordini n. 110 del 23 ottobre 2023, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), ha fornito chiarimenti in merito all’eventuale incompatibilità, nel caso di un’iscritta dipendente di società a completa partecipazione pubblica.
Nella fattispecie, un Ordine territoriale, rivolgendosi al Consiglio Nazionale, ha chiesto se una dipendente a tempo pieno di una società a completa partecipazione pubblica, possa essere iscritta nell’albo ordinario, con conseguente cancellazione dall’elenco speciale.
Nel quesito, inoltre, nell’allegare il contratto di lavoro, viene specificato che non si evince al suo interno alcuna clausola circa l’incompatibilità con l’esercizio della professione di Dottore Commercialista e di Esperto Contabile.
Il parere del CNDCEC – Il Consiglio Nazionale, in premessa, ribadisce che, il servizio di risposta ai quesiti Pronto Ordini, non è volto a risolvere specifiche questioni concrete, rimesse all’autonoma ed esclusiva valutazione degli Ordini, ma finalizzato unicamente a risolvere questioni interpretative di carattere generale.
Pertanto, in riferimento alla fattispecie prospettata nel quesito, il CNDCEC fornisce alcune considerazioni generali che potranno essere d’ausilio nella valutazione del caso concreto.
Nel parere in commento, il Consiglio Nazionale richiama, dapprima, quanto disposto dall’articolo 4, comma 3, del D. Lgs. n. 139/2005: non è consentita l’iscrizione nell’Albo a tutti i soggetti ai quali, secondo gli ordinamenti loro applicabili, è vietato l'esercizio della libera professione.
Occorrerà, innanzitutto, verificare se il rapporto di lavoro dipendente è regolamentato dalle disposizioni in materia di pubblico impiego.
In tal caso, infatti, l’articolo 53, comma 1, del D. Lgs. n. 165/2001, richiamando quanto disposto dall’articolo 60 del D.P.R. n. 3/1957, sancisce espressamente, per i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo pieno (full time), il divieto di cumulo con l’esercizio di attività professionale.
A tal proposito, il summenzionato articolo 53, comma 1, D. Lgs. n. 165/2001, stabilisce che, resta ferma per tutti i dipendenti pubblici, la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del Testo Unico, approvato con D.P.R. n. 3/1957, salva la deroga prevista dall'articolo 23-bis del medesimo decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del DPCM 17 marzo 1989 n. 117 e dall'articolo 1, commi 57 e seguenti, della Legge n. 662/1996.
Restano ferme, altresì, le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508, nonché 676 del D. Lgs. n. 297/1994, all'articolo 9, commi 1 e 2, della Legge n. 498/1992, all'articolo 4, comma 7, della Legge n. 412/1991 ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina.
L’articolo 60 del D.P.R. n. 3/1957, inoltre, stabilisce che “l'impiegato non può esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all'uopo intervenuta l'autorizzazione del Ministro competente”.
Laddove, invece, il rapporto di lavoro sia disciplinato da norme di diritto privato, per il Consiglio Nazionale si dovrà, in ogni caso, verificare che il contratto che disciplina il rapporto di lavoro non preveda l’esercizio di un’attività professionale come specifica ipotesi d’incompatibilità.
Con riferimento al caso di specie, l’articolo 1 del contratto allegato al quesito, prevede espressamente l’applicazione al rapporto di lavoro del contratto collettivo nazionale di lavoro ANAS.
Secondo il CNDCEC, è a tale CCNL, quindi, che dovrà farsi riferimento, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di clausole contenenti il divieto d’esercizio dell’attività professionale.