18 aprile 2013

Caro Signor ministro

A cura di Antonio Gigliotti

Cari Colleghi e amici,
nessuna iniziativa, più o meno accettabile, è immune da critiche e polemiche. Un siffatto scenario si è quindi, non inaspettatamente, verificato anche all’indomani del mio annunciato impegno ad appoggiare e promuovere l’assemblea del 7 maggio a Roma. Un incontro tra presidenti e vicepresidenti degli Ordini è fortemente auspicato da questo quotidiano, in quanto potrebbe rappresentare davvero quel punto di svolta per la nostra categoria, da troppi mesi ormai impantanata in una situazione che appare senza via d’uscita. Si può essere in disaccordo su tutto, ma non sugli interessi ‘nudi e crudi’ di una professione per la quale sosteniamo affetto e interesse. Pertanto, chi non riesce a comprendere la buona fede dell’impegno e la genuina volontà di partecipare alla costruzione di una rinascita, allora ha perso di vista i veri obiettivi del lavoro al servizio della categoria. Accolgo le critiche, possono servire a migliorare; tuttavia guardo con sospetto quanti intendono porre ostacoli al libero e cristallino corso della ripresa che, se non può coinvolgere il resto del Paese, sta comunque rianimando la nostra professione. Sarebbe quindi di singolare interesse che gli oppositori all’incontro del 7 maggio spiegassero chiaramente le ragioni di una simile posizione. Perché porre il veto? Che si facciano avanti, dunque, e che suggeriscano migliorie a una proposta che finora è stata l’unica davvero costruttiva e tesa verso il bene di ciascun iscritto.

‘Parola agli Ordini’,
questo era stato il leitmotiv dopo la sospensione dell’appuntamento elettorale del 20 febbraio scorso. Qualcuno ha forse cambiato idea?

Di recente, subito dopo il mio impegno a sostegno della proposta del 7 maggio, sono stato tacciato di protagonismo. Ben vengano simili sfoghi, ai quali però ho dalla mia la dimostrazione di un’attività ‘sul campo’ che chi non ha la memoria corta dovrebbe ricordare. Non inseguo né incarichi né tantomeno candidature, sia ben chiaro. L’unico interesse che ho e che alimenta il mio operato è l’amore per la categoria, un sentimento disinteressato.

Chiarita la mia posizione agli occhi di chi teme gli esiti di un confronto libero e democratico, vorrei passare a ben più serie questioni rivolgendomi direttamente al ministro competente, il Guardasigilli Paola Severino. Proprio ieri mi sono trovato fra le mani la condivisibile lettera inoltrata dal collega Massimo Conigliaro, presidente dell’Odcec di Siracusa. La missiva, indirizzata a tutti i presidenti degli Ordini locali, ai candidati, all’ex presidente del Consiglio nazionale, al ministro della Giustizia e a tutti gli iscritti, chiede, in sostanza, che il potere amministrativo e gestionale della categoria venga rimesso nelle mani della categoria stessa.

Da una parte, infatti, abbiamo il Commissario straordinario Leccisi che si è dimesso, forse per il protrarsi ad oltranza di un compito che credeva ‘a tempo determinato’, dall’altra abbiamo la necessità di coprire il vuoto governativo almeno fino alle prossime elezioni. A questo punto Conigliaro propone di porre in qualità di Commissario una personalità interna alla categoria, ‘un ex presidente, un ex consigliere nazionale, un presidente di ordine’, che gestisca le questioni ordinarie e ci tuteli con cognizione di causa fino a quando non avremo una nuova governance.

Io sono d’accordo col presidente di Siracusa. Penso che al momento attuale questa possa essere una soluzione altamente papabile, ricordando quali sono i punti sui quali intervenire, vale a dire servizio agli iscritti e rafforzamento dell’Irdcec, nonché tutela e difesa dell’intera categoria e delle peculiarità che ci appartengono.

Tutto ciò in vista di una nuova squadra di governo, largamente condivisa, che consenta di superare le attuali divisioni e che ci faccia rinascere. L’alternativa è la morte, nel giro di pochi mesi, di una professione che tutti noi, nessuno escluso, amiamo.

Il brasiliano Paulo Coelho ha scritto che “l'uomo deve scegliere. In questo sta la sua forza: il potere delle sue decisioni”. Noi siamo pronti a scegliere e a dimostrare la nostra forza?
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