Nella nebulosa di emendamenti che ruotano intorno alla manovra 2025, spunta anche la proposta di una proroga per il 2025 del “Bonus mobili” e di quello per i “Grandi elettrodomestici”, quest’ultima diretta a quanti hanno necessità di sostituire gli apparecchi domestici di grandi dimensioni come frigoriferi, lavatrici, asciugatrici e lavastoviglie ormai obsoleti, con altri più moderni, efficienti e puliti.
“La misura coprirà il 30% del costo, nel limite massimo di 100 euro, elevato a 200 per famiglie con Isee inferiore ai 25mila euro annui, stanziando 100 milioni di euro per ciascuna annualità del triennio 2025-2026-2027 – ha spiegato Alberto Luigi Gusmeroli, presidente Attività produttive della Camera e responsabile Fisco della Lega - con questo intervento si punta a svecchiare il parco dei grandi elettrodomestici, in gran parte vetusto. Con il conseguente incremento dell'efficienza le famiglie potranno risparmiare sul costo della bolletta, stimolando il nostro sistema industriale e supportando il settore del riciclo dei vecchi elettrodomestici”.
La misura consente di detrarre una percentuale dell’Irpef dalla spesa sostenuta (compresa consegna e montaggio), a patto che gli apparecchi rispettino criteri precisi di efficienza energetica e che il pagamento avvenga con sistemi tracciabili come bancomat o carte di credito. In dettaglio, per acquistare un nuovo forno accedendo al bonus è necessario che questo rientri almeno in classe energetica A, mentre per gli altri elettrodomestici i requisiti minimi sono diversi: lavatrici, lavastoviglie e lavasciuga devono raggiungere la classe E, frigoriferi e congelatori almeno la classe F. Nell’elenco dei grandi elettrodomestici rientrano anche apparecchi di cottura, stufe elettriche, forni a microonde, radiatori e ventilatori elettrici.
In realtà, è proprio sul capitolo rinnovo bonus, incentivi e detrazioni che si gioca l’impianto della manovra, che all’art. 71 prevede un “Piano casa Italia” per adesso generico. Si tratta di una strategia nazionale per l’edilizia residenziale pubblica e sociale che secondo i piani dovrebbe poter rilanciare le politiche abitative, valorizzando il patrimonio immobiliare esistente e contenendo il consumo di suolo. Peccato che al momento non ci sia traccia di una dote finanziaria né tantomeno di norme e regole: l’unica altra indicazione si ferma al comma 2, che stabilisce l’approvazione del Piano Casa “entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, con decreto del presidente del Consiglio su proposta del ministro delle Infrastrutture previa intesa in sede di Conferenza unificata”.
“Il tema della casa è veramente il tema dell'emergenza vera insieme al dissesto idrogeologico - interviene la presidente dell'Ance, Federica Brancaccio - il tavolo al Mit ultimamente ha rallentato, in manovra c’è la programmazione per elaborare un piano casa ma nonostante un'interlocuzione costante e continua con le strutture tecniche, manca la chiosa politica. Ora speriamo di andare avanti”. Pur apprezzando l’idea di rilanciare le politiche abitative, Confindustria ritiene “opportuno affiancare al Piano un rifinanziamento del fondo di garanzia per l'acquisto della prima casa e misure di incentivazione della locazione privata, come ad esempio l’incremento della riduzione dell’Imu per i contratti a canone concordato”.
Un tasto dolente a cui, non a caso, fra le migliaia di emendamenti alla manovra depositati in commissione Bilancio a Montecitorio, una di Fratelli d’Italia propone di stanziare 150 milioni in tre anni al Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, individuando le coperture nella riduzione del fondo per le esigenze indifferibili, un piccolo “tesoretto” che fa gola a tanti, nato per evitare il blocco della realizzazione di opere ritenute fondamentali di fronte all’aumento dei costi di carburanti, prodotti energetici e materiali da costruzione.
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