Di Greta Thunberg sappiamo tutto, non solo del suo attivismo a favore dello sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico, ma anche di tratti più personali della sua vita, spesso setacciata con cinica morbosità.
Poco o forse addirittura nulla conosciamo di un’altra ragazza, persino più giovane di Greta, con la quale ha tuttavia in comune la stessa tenacia e la stessa passione nel voler documentare e divulgare temi sui quali l’attenzione collettiva non dovrebbe mai scemare.
Si chiama Janna Jihad Ayyad, è palestinese ed ha solo 15 anni.
Se provate a digitare i suo nome su Wikipedia, troverete solo poche, scarne informazioni; ma con un maggior impiego di tempo e pazienza, spaziando in rete, potrete invece costruirvene un’immagine e comprendere il valore del suo impegno e del suo coraggio.
Le sue “imprese” non sono, difatti, di poco conto; sono anzi una cronaca ed una pungente e diretta testimonianza d’un altro tema spinoso e ricorrente, il conflitto israelo-palestinese, visto con lo sguardo e dalla prospettiva delle giovani generazioni e, dunque, d’ogni fanciullo o adolescente che, come Janna, nel futuro dovrebbe poter riporre le proprie speranze e le proprie aspirazioni.
Janna è nata a Nabi Salih, un villaggio della Cisgiordania, nei territori palestinesi occupati.
Aveva solo sette anni quando ha cominciato a girare video col cellulare di sua madre, documentando momenti della loro vita da condividere sui social e con le testate giornalistiche. Oggetto dei suoi filmati – dei veri e propri servizi – sono stati, da allora, gli scontri tra manifestanti palestinesi ed esercito israeliano, un’idea che Janna ha avuto quando, nel corso di uno di quegli scontri, hanno perso la vita due suoi cugini adolescenti. È stato allora che la ragazzina ha deciso di voler documentare e divulgare ciò che accade nella sua terra.
In una intervista raccolta da Al Jazeera qualche anno fa, Janna aveva dichiarato: "La mia telecamera è il mio fucile ed è più forte del fucile".
Oggi, a quindici anni, Janna è divenuta la più giovane giornalista del mondo e, in un suo articolo pubblicato proprio pochi giorni fa (
https://urly.it/3fnz4) ha voluto raccontare qual è la condizione dei bambini e degli adolescenti suoi coetanei, denunciare l’assurdità di leggi israeliane che prevedono che già a partire dai 12 anni essi possano essere incarcerati se giudicati colpevoli di reati “terroristici”, rimarcando tuttavia come, nonostante la durezza delle condizioni di vita in cui sono costretti, il loro desiderio di libertà può rappresentare la molla d’un decisivo cambiamento.
“
I nostri diritti e le nostre libertà fondamentali, compreso il nostro diritto alla vita, vengono violati.” – scrive Janna – “Spesso lottiamo per superare i sentimenti di tristezza, stress, solitudine e paura causati dall'uso eccessivo della forza contro di noi, dal prendere di mira le nostre famiglie, scuole e case. (…) Piangiamo i nostri amici e parenti perduti, ma rimaniamo forti. Ogni proiettile che non ci uccide, ci dà più speranza e ci rende più determinati a resistere a questa occupazione. Israele è l'unico paese al mondo che regolarmente arresta, trattiene e processa i bambini in un sistema giudiziario militare. Mia cugina, Ahed Tamimi, è stata incarcerata per otto mesi in una prigione israeliana quando aveva solo 16 anni. Era lì con molte altre donne e bambini. Alcuni erano in "detenzione amministrativa", il che significa che potrebbero essere tenuti in prigione, senza alcuna accusa ufficiale o processo, per anni.
I bambini palestinesi detenuti nelle carceri israeliane affrontano molti traumi. A causa di quello che hanno passato, anche dopo il loro rilascio, molti non potranno più godersi la loro infanzia.”
E, rifacendosi agli incontri tenutisi la scorsa settimana a New York, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, e a Ginevra, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha fermato la sua attenzione sulla grande opportunità che quelle riunioni rappresentano per la comunità internazionale per porre fine al silenzio sugli abusi subiti dai bambini palestinesi.
“Israele sta impunemente violando i nostri diritti e il diritto internazionale. (….) il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite chiede agli Stati membri di cooperare pienamente con la sua Commissione d'inchiesta sulle violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani nel territorio palestinese occupato. Questa indagine è attesa da tempo. La comunità internazionale non può continuare a chiudere un occhio sulla sofferenza dei palestinesi. I bambini palestinesi, come tutti i bambini, hanno il diritto di stare al sicuro nelle loro case e scuole. Hanno il diritto di essere liberi da molestie, violenze, arresti arbitrari e attacchi da parte di soldati e coloni israeliani.
Ma nonostante tutte le difficoltà che affrontiamo, sono fiduciosa per il futuro. Siamo la generazione del cambiamento e la generazione che, spero, libererà la Palestina. Renderemo il mondo un posto migliore, un posto dove non c'è occupazione o colonizzazione, dove tutti sono uguali, dove i palestinesi possono vivere la loro vita liberamente e con dignità. Ma non possiamo farlo da soli: la comunità internazionale deve porre fine al suo silenzio e stare al nostro fianco nella nostra lotta contro l'oppressione.”
Se è vero che la voce dell’innocenza è quella più limpida ed autentica, allora più che mai l’esortazione che Janna ha rivolto alla la comunità internazionale merita d’essere ascoltata, d’essere appresa come un’importante e costruttiva lezione.
Ne va del futuro d’una intera generazione.