Il termine “ecocidio” ha un suono sinistro e terribile: è stato coniato nel 2021 da 12 legali di tutto il mondo e presentato dalla fondazione “Stop Ecocide International”. Da allora è utilizzato per definire “atti illegali o sconsiderati commessi con la consapevolezza che esista una sostanziale probabilità che causino danni gravi, diffusi o a lungo termine all'ambiente”.
In pratica la scellerata intenzionalità di distruggere o danneggiare un ecosistema o un ambiente naturale, ma anche azioni che portino alla perdita di habitat. Pratiche che l’Unione Europea, primo organismo al mondo, ha deciso di criminalizzare, trasformando l’ecocidio in un reato vero e proprio, con tanto di pene severissime. “La natura può essere considerata la vittima inerme del danno causato da reati ambientali”, si legge nel testo.
Una decisione, presa insieme all’approvazione della legge sul ripristino della natura, che obbliga i Paesi UE a riportare entro il 2030 in buone condizioni il 20% delle aree terrestri e marine degradate, che oltre a scatenare l’applauso delle tante associazioni ambientaliste europee, trova d’accordo anche gli esperti, concordi nel definire l’operazione come “rivoluzionaria”, anche se, fa notare qualcuno, non si fa cenno all’esportazione di rifiuti tossici nei Paesi in via di sviluppo e alle numerose frodi sul mercato del carbonio.
Eppure, la differenza con il passato più recente è evidente: finora, le direttive UE e quelle della maggior parte degli Stati membri prevedevano che i reati ambientali potessero essere puniti solo in caso di illegalità conclamata, il che significa che rispettando le condizioni di un’autorizzazione concessa a monte, nulla di ciò che accadeva poteva essere considerato illegale e quindi punibile.
“Nel 1982 – racconta l’avvocato Antonius Manders, europarlamentare olandese - l'industria chimica dei Paesi Bassi ha ottenuto l'autorizzazione a inquinare le acque con i PFAS, prima che queste sostanze chimiche fossero identificate come dannose per la salute umana. Ma oggi sappiamo che causano il cancro e la morte, quindi il finale di un caso giudiziario come quello che riguarda l’azienda chimica ‘Chemours’, con la nuova direttiva sarà obbligata a fermarsi anche se dotata di un’autorizzazione”.
Secondo Marie Toussaint, avvocato ed europarlamentare francese, si tratta di una delle legislazioni “più ambiziose al mondo, che apre una nuova pagina nella storia dell’Europa a difesa degli ecosistemi e della salute umana. Significa mettere la parola fine all’impunità ambientale proprio mentre i crimini ambientali aumentano da due a tre volte più velocemente rispetto al ritmo dell'economia globale e nel giro di pochi anni sono diventati il quarto settore criminale al mondo insieme al traffico di droga, di armi e di esseri umani”.
Ma secondo l’avvocato Manders, per difendere l’ambiente c’è ancora molto da fare, perché malgrado la nuova direttiva sia considerata “rivoluzionaria”, è necessario istituire la figura di un PM europeo e separare in modo netto il diritto penale ambientale da quello amministrativo.
Le pene previste, si accennava qualche riga fa, sono severissime: in caso di reati ambientali, le persone fisiche, in particolare Ad e membri dei Cda, rischiano fino a 8 anni di carcere, che possono arrivare a 10 se viene accertata la morte di una persona. A questo si aggiunge l’obbligo di provvedere al ripristino ambientale e al risarcimento dei danni. “Le persone possono essere ritenute responsabili se erano consapevoli delle conseguenze delle loro decisioni e non le hanno fermate malgrado avessero il potere di farlo”.
Agli Stati membri saranno concessi due anni di tempo per introdurre la direttiva nella legislazione nazionale, con la possibilità di scegliere se introdurre multe per le aziende proporzionate al fatturato (fino al 5% a seconda del reato) o sanzioni fisse che possono arrivare a 40 milioni di euro.
La lista dei crimini ambientali sarà aggiornata ogni cinque anni, e al momento include gli incendi boschivi su larga scala; la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento dei rifiuti pericolosi e dei medicinali, tra cui i materiali radioattivi; il riciclaggio delle navi e i loro scarichi di sostanze inquinanti; l’installazione, l’esercizio o lo smantellamento di un impianto in cui è svolta un'attività pericolosa o in cui sono immagazzinate o utilizzate sostanze, preparati o inquinanti pericolosi; l’estrazione e la contaminazione di acque superficiali o sotterranee; l’uccisione, la distruzione, il prelievo, il possesso, la commercializzazione di uno o più esemplari delle specie animali; l’immissione o la messa a disposizione sul mercato dell’Unione di legname o prodotti provenienti dalla deforestazione illegale; qualsiasi azione che provochi il deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto; la produzione, l'immissione sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, l’emissione o il rilascio di sostanze che riducono lo strato di ozono, e di gas fluorurati a effetto serra; l’estrazione, lo sfruttamento, l'esplorazione, l’uso, la trasformazione, il trasporto, il commercio o lo stoccaggio di risorse minerarie.