Il lavoratore in questione aveva contestato il licenziamento ricevuto per uso improprio dei permessi giornalieri destinati all’assistenza del familiare ammalato. I giudici di merito avevano accolto le motivazioni del lavoratore, considerando appartenenti al novero dei permessi anche le attività accessorie, come l’acquisto di farmaci e le visite a casa del malato.
Gli Ermellini hanno confermato quanto sentenziato dal giudice di secondo grado, chiarendo che i permessi ex art. 104/1992 non si limitano alle sole attività di assistenza c.d. “pura”, ma comprendono tutte le attività complementari e necessarie a rendere l’assistenza il più efficace possibile. Tra queste rientrano anche l’acquisto di beni di prima necessità e la partecipazione del disabile a eventi che possano, in qualche modo, alleggerire il peso della sua condizione.
L’abuso è da considerarsi esistente solo nell’ipotesi in cui l’attività sia stata prestata in maniera del tutto inadeguata o inesistente, tale da rendere completamente abusato il concetto stesso di permesso.
L’ordinanza dei giudici di merito si muove su due piani:
- sul piano oggettivo, in cui il concetto stesso di abuso del diritto implica un esercizio del diritto per scopi differenti da quelli per i quali è stato riconosciuto.
- sul piano soggettivo, ove, al fine di configurare una responsabilità effettiva, è necessario che vi sia un elemento di natura intenzionale o dolosa, accertabile anche mediante presunzioni semplici capaci, di fatto, di individuare il pregiudizio altrui.
In virtù di tali considerazioni, la Suprema Corte ha respinto il ricorso della società, ribadendo quanto affermato dai giudici di merito e confermando l’illegittimità del licenziamento. Ha inoltre sottolineato che la valutazione dell’utilizzo dei permessi ex art. 104/92 deve essere effettuata tenendo conto della tutela complessiva del disabile, che può anche non essere di natura strettamente medica.
La Cassazione ha in sostanza specificato, e in qualche modo ribadito, un concetto già espresso, secondo il quale «resta in ogni caso fermo che il datore di lavoro, salvo diverso accordo tra le parti sociali, non può sindacare la scelta dei giorni in cui fruire di tali permessi, rimessa esclusivamente al lavoratore e soggetta solo ad obbligo di comunicazione, né può contestare la prestazione dell’assistenza in orari non integralmente coincidenti con il turno di lavoro, la quale pertanto non costituisce “abuso del diritto”» (Cass. ord. n. 26417/2024).