Arriva finalmente un segnale importante del Governo, che intende risolvere il pasticcio creato dal Legislatore sul mancato riporto delle perdite per le imprese in regime di contabilità semplificata per cassa. A seguito di un’interrogazione parlamentare presentata ieri, 20 settembre, dagli onorevoli Pagano e Centemero, è stata immediata la risposta del Governo «che si propone di intervenire, compatibilmente con i vincoli di bilancio, nel senso auspicato dagli Onorevoli interroganti». Per gli interroganti, si deve «scongiurare il rischio di fallimento di due milioni di imprese eventualmente introducendo una norma correttiva che, in caso di perdite, consenta il riporto delle stesse negli anni successivi, senza limitazione alcuna».
Il problema era stato segnalato su questa rivista, giovedì 20 settembre 2018 «
Il Regime “semplificato” con il rebus del mancato riporto delle perdite».
Questo perché, a partire dal 2017, il regime di contabilità semplificata prevede la deduzione integrale delle rimanenze finali nel primo anno in cui si applica il criterio di cassa. È infatti stabilito che il reddito d’impresa del periodo d’imposta in cui si applicano le norme relative alle imprese minori in regime di contabilità semplificata è ridotto delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il criterio di competenza. Il “passaggio” dal criterio di competenza a quello di cassa prevede perciò la rilevanza, come componente negativo, dell’importo delle rimanenze finali che, nella stragrande maggioranza delle imprese commerciali, determina una chiusura in perdita che, per legge, non potrà essere riportata negli anni successivi.
La mancata previsione del “riporto” delle perdite in anni successivi può comportare
gravi conseguenze alle imprese con rimanenze finali di ammontare elevato. Gli effetti che ne derivano potrebbero comportare:
- un rilevante risultato negativo nel primo anno di “passaggio” dal criterio di competenza a quello di cassa;
- redditi d’impresa esagerati negli anni successivi.
I contribuenti potenzialmente interessati sono oltre due milioni, di cui circa 439 mila società di persone, tra società in nome collettivo e società in accomandita semplice, e un milione e 760 mila imprenditori individuali.
Sono considerate “minori”, le imprese di servizi con ricavi non superiori a 400 mila euro o a 700 mila euro per le imprese aventi per oggetto altre attività.
La “palla” passa ora al Governo che si è proposto di intervenire, per rimediare ad una palese svista del Legislatore. Il rimedio è semplice. Nella determinazione del reddito, le imprese dovranno tenere conto sia delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, come componente negativo, sia delle rimanenze finali del periodo d’imposta che forma oggetto della dichiarazione dei redditi, come componente positivo. In questo modo, si eviteranno gli effetti anomali di perdite rilevanti in un anno e redditi esagerati in altre annualità. Basterebbe cioè ritornare alle vecchie regole ed evitare così l’obbrobrio contabile di cui ha fatto cenno l’onorevole Pagano.
Per l’onorevole Alessandro Pagano, vicecapogruppo della Lega alla Camera, si deve prendere atto con soddisfazione che il Governo intende porre rimedio alla svista del legislatore, perché
«oltre due milioni di piccole imprese rischiano di avere grossi danni a causa di una malaugurata norma, introdotta dal Governo precedente, che impedisce loro il riporto delle perdite in anni successivi. Un obbrobrio contabile che può causare gravi conseguenze alle aziende… La risposta del ministero dell’economia e finanza alla interrogazione a prima firma Centemero, in cui chiedevamo iniziative in questo senso, è una buona notizia, che conferma ancora una volta l’attenzione di questo Governo per le imprese e il mondo del lavoro».
La speranza è che alla bella notizia faccia presto seguito la norma correttiva auspicata.