Le disposizioni dell’art. 86, co. 2, D.P.R. 917/1986 prevedono il concorso alla formazione del reddito imponibile, tra l’altro, delle plusvalenze derivanti dalla cessione di aziende realizzate unicamente a titolo oneroso. Tale plusvalenza, secondo il principio di competenza fiscale rinvenibile nell’art. 109 del Tuir, rileva ai fini fiscali nel periodo d’imposta in cui è stipulato l’atto pubblico. Da un punto di vista contabile, l’opera si considera “unitaria” per il cedente che, quindi, dovrà rilevare, successivamente alla cessione d’azienda, un unico componente reddituale, positivo o negativo, in contropartita dell’annullamento dei singoli elementi componenti l’azienda. Di fatto, tale plusvalenza ha natura unitaria e non rappresenta una mera sommatoria dei presupposti imponibili riconducibili ai singoli elementi facenti parte del complesso aziendale ceduto. Discorso diverso per il cessionario, che dovrà ripartire il prezzo pagato per l’acquisto dell’azienda o di un suo ramo tra i diversi elementi che li compongono. Tale analisi non può prescindere dalla considerazione che il prezzo pattuito per l’acquisto dell’azienda viene fissato “unitariamente”, attribuendo un valore complessivo al patrimonio dell’impresa e prevedendo, inoltre, una somma a titolo di avviamento. Per tale ripartizione non sono previsti criteri ad hoc. Il compito non presenterà particolari profili di criticità nel caso in cui l’atto di cessione contenga l’indicazione dei singoli beni e il relativo valore (bilancio straordinario di cessione). Diversamente, l’acquirente dovrà ripartire il prezzo pagato per la cessione prestando attenzione a NON attribuire a ciascun bene un valore superiore al suo valore di mercato.
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Cessione Azienda (128 kB)
Cessione Azienda - Fisco & Contabilità N. 42-2013
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