Voluntary Disclousere

L’analisi delle previsioni normative introdotte dal legislatore nazionale con il D.L. n. 4 del 29 gennaio 2014, in tema di collaborazione volontaria (o “Voluntary disclosure”), impone, a mio avviso,un preliminare esame delle iniziative assunte a livello internazionale per contrastare efficacemente i fenomeni di frode ed evasione fiscale.
I rischi per la stabilità finanziaria da un lato e l’esigenza di dare fiducia alle imprese dall’altro - in un momento che vede accresciuta la sensibilità dell’opinione pubblica sul tema dei patrimoni offshore non dichiarati e della detenzione di capitali illeciti trasferiti all’estero da parte di soggetti residenti - hanno fatto sì che l’OCSE, il GAFI, la Banca Mondiale e il G20 sviluppassero sistemi più efficaci di lotta all’evasione fiscale, attraverso una maggiore trasparenza e tracciabilità delle movimentazioni finanziarie, programmi di compliance fiscale, di collaborazione volontaria dei contribuenti, di lotta alle frodi fiscali e al riciclaggio dei capitali illeciti, nonché mediante un significativo rafforzamento dello scambio automatico di informazioni. È, ormai, condivisa l’opinione secondo cui, solo attraverso presidi comuni è possibile arginare le politiche aggressive dei Paesi che adottando regimi fiscali preferenziali, che hanno favorito e favoriscono lo spostamento di capitali.
Dopo aver esaminato lo scenario internazionale - dando contezza delle iniziative intergovernative più importanti che hanno già indotto diversi Paesi ad avviare processi volti a consentire la regolarizzazione dei patrimoni detenuti dai propri cittadini fuori dai confini nazionali, mi soffermerò sull’analisi delle previsioni normative, contenute nel richiamato D.L. n. 4 del 2014, che hanno introdotto la “voluntary disclosure” in Italia. Al riguardo, segnalerò le possibili criticità che, in sede applicativa, la nuova disciplina è suscettibile di determinare.