17 marzo 2016

Contratto di solidarietà: l’analisi dei CdL

Il contratto di solidarietà risulta caricato di costi che lo rendono meno appetibile rispetto al passato

Autore: REDAZIONE FISCAL FOCUS
La Fondazione Studi CdL, con la Circolare n. 6/2016, riepiloga attentamente la nuova disciplina dei contratti di solidarietà difensivi per le imprese soggette alla CIGS, a seguito del corposo intervento del D.Lgs. n. 148/2015 che riforma – a decorrere dal 24 settembre 2015, gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporti di lavoro. Modifiche, queste, che secondo i CdL non fanno altro che rendere meno appetibile l’ammortizzatore sociale, in quanto sono stati aumentati i costi per accedervi. La norma, infatti, prevede un aumento dei costi di finanziamento dell'ammortizzatore, a carico dei datori che ne fanno uso, e una durata massima complessiva nel quinquennio di osservazione.

Caratteristiche – Innanzitutto il contratto di solidarietà, da autonomo ammortizzatore sociale, è stato ricondotto ad una causale della CIGS, eliminando di conseguenza alcuni elementi, che ne determinavano una certa appetibilità tra cui l’insussistenza del massimale di integrazione salariale per i lavoratori e della contribuzione addizionale per le aziende.

In ogni caso, la sua finalità rimane invariata, ossia evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale anche attraverso un suo più razionale impiego. Il presupposto consiste nella stipula di un contratto collettivo aziendale tra l’impresa e le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali/unitarie. Come per il passato, la riduzione media dell’orario di lavoro non può essere superiore al 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dal contratto di solidarietà (limite collettivo aziendale, ossia la media tra tutti i lavoratori interessati dalla solidarietà).
Una volta determinata, sulla base degli esuberi previsti nel contratto, la percentuale di riduzione dell’orario di lavoro, le aziende distribuiscono (su base giornaliera, settimanale, mensile) le ore di solidarietà tra i lavoratori interessati dall’ammortizzatore sociale.
Tale distribuzione, però, rispetto al passato soggiace ad un ulteriore limite individuale da rispettarsi in via congiunta con il limite collettivo di cui sopra.
Il limite individuale, in pratica, consiste nell’impossibilità per l’azienda di attribuire ad ogni singolo lavoratore una riduzione di orario superiore al 70% rispetto alle ore lavorabili, nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato.

Campo di applicazione – Quanto al campo di applicazione della nuova solidarietà, la nuova disciplina ha abrogato – a norma dell’art. 46 del D.Lgs. n. 148/2015, quelli di tipo B, permettendone l’accesso esclusivamente entro il 30 giugno 2016 e per una durata massima comunque non superiore al 31 dicembre 2016. Nulla, invece, viene innovato riguardo al campo di applicazione oggettivo dei contratti di solidarietà di tipo A stipulabili dalle imprese rientranti nella CIGS, il cui campo di applicazione è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al passato.

Dunque, destinatari dei CdS sono i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato (operai, impiegati e quadri), con esclusione dei dirigenti, dei lavoratori a domicilio e dei lavoratori a tempo determinato per attività stagionali, sotto la condizione che possano vantare una “anzianità di effettivo lavoro” di almeno 90 giorni (nella previgente normativa il riferimento era alla anzianità di servizio) presso la singola unità produttiva. Restano esclusi, invece gli apprendisti nonostante sia stato esteso a questi ultimi il sistema di finanziamento delle integrazioni salariali ordinarie e straordinarie.

Misura, durata e contribuzione – Volgendo uno sguardo alla misura dell’integrazione salariale derivante dal contratto di solidarietà, essa risulta completamente armonizzata con la normativa in materia di cassa integrazione guadagni. Infatti, l’integrazione salariale consiste nella misura dell’80% della retribuzione persa nel limite del massimale mensile di integrazione salariale pari a:
  • euro 971,71 se la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.102,24;
  • euro 1.167,91 se la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.102,24.

Rimane fermo che l’integrazione salariale corrisposta ai lavoratori continua ad essere soggetta alla riduzione prevista dalla legge n. 41/1986, stabilita in misura pari al contributo percentuale dovuto dagli apprendisti ovvero al 5,84%.

Ma veniamo ora alle note dolenti e che più preoccupano le imprese: ossia la contribuzione di finanziamento. Infatti, la solidarietà difensiva, a differenza del passato dove non comportava costi aggiuntivi per le imprese, viene assoggettata allo stesso contributo addizionale previsto per la CIGS con le seguenti modalità:
a) 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all’interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
b) 12% oltre il limite di cui alla lettera a) e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;
c) 15% oltre il limite di cui alla lettera b), in un quinquennio mobile.

Tuttavia, rimangono esclusi dal suddetto contributo:
  • le imprese sottoposte a procedura concorsuale anche con continuazione dell’attività aziendale (art. 8 comma 8 bis L. 160/1988);
  • e le Imprese commissariate (art. 7comma 10 ter DL 148/1993).

Il DLgs 148/2015, pertanto, oltre ad assoggettare anche la solidarietà al contributo addizionale, prevede un contributo addizionale significativamente più oneroso rispetto a quello previsto in precedenza per la CIGS, sia in termini di aliquote contributive sia in termini di modalità di calcolo. Infatti in passato il contributo dipendeva da una serie di elementi quali il numero dei dipendenti dell’azienda, la durata del trattamento e il rispetto dei criteri di rotazione. Ma soprattutto la base imponibile era determinata dall’ammontare dell’integrazione salariale erogata e non, come è attualmente previsto, dalla retribuzione globale persa a causa della riduzione o della sospensione dell’orario.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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