25 settembre 2015

Esodati. Il MEF apre le porte alla settima salvaguardia

L’intervento di salvaguardia sarà contenuto nella prossima Legge di Stabilità: normativa ad hoc per l’opzione donna

Autore: Redazione Fiscal Focus
Dopo mesi di attesa, giunge finalmente limpido e chiaro il comunicato stampa di ieri del MEF sulla questione esodati, chiudendo così definitivamente ogni illazione in merito. Infatti, nonostante allo stato attuale non sia ancora possibile effettuare un consuntivo di tutte le operazioni di salvaguardie in quanto ve ne sono alcune ancora “aperte”, il Governo si impegna comunque a utilizzare le eventuali risorse disponibili accertate per gli anni futuri per dare copertura a un eventuale nuovo ma definitivo intervento di salvaguardia. L’intervento potrà essere contenuto nell’ambito della prossima Legge di Stabilità, nella quale probabilmente si affronterà anche la questione “opzione donna”.

Auspico che ciò ponga termine alle illazioni sulla presunta sottrazione di risorse”, afferma il MEF.

Esodati – Il termine “esodati” è stato coniato a seguito della riforma previdenziale operata dal tandem Monti-Fornero con la manovra “Salva-Italia” (L. n. 214/2011), che ha portato l’età ordinaria di pensionamento per vecchiaia a 66 anni e tre mesi e l’accesso al pensionamento anticipato consentito solo in presenza di anzianità contributive elevate (42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi di contributi per le donne). Tale età è stata indicizzata su base triennale all’andamento delle aspettative di vita (dal 2016 tali requisiti aumenteranno di 4 mesi). In pratica, si tratta di tutti quei lavoratori che – avendo maturato l’età e i requisiti contributivi per il pensionamento – non potranno accedere ai trattamenti previdenziali per via dell’incremento dei requisiti minimi, trovandosi nell’incresciosa situazione di non poter ricevere né uno stipendio né una pensione.

Per porre rimedio al pasticcio della Fornero, il Governo ha adottato negli ultimi anni sei provvedimenti di salvaguardia, che avrebbero dovuto riguardare 170.230 soggetti (a decorrere dal 2013 e dagli anni successivi). A tal fine, sono stati stanziati: 0,3 miliardi nel 2013, 1,35 miliardi nel 2014, 2,4 miliardi nel 2015, 2,9 miliardi nel 2016, 2,4 miliardi nel 2017, 1,4 miliardi nel 2018, 0,65 miliardi nel 2019, 0,2 miliardi nel 2020, 0,05 miliardi nel 2021. Un totale cumulato dal 2013 al 2021 di circa 11,7 miliardi.

Troppo poco per i sindacati che, insieme ai diretti interessati e ad alcuni esponenti dei maggiori partiti politici, hanno chiesto a gran voce un nuovo intervento di salvaguardia (il settimo). Presa coscienza dell’attuale situazione, e dopo settimane di rinvii, ieri è giunta finalmente la risposta del MEF in merito. In via preliminare, il MEF ha comunicato che “allo stato attuale non è ancora possibile effettuare un consuntivo di tutte le operazioni di salvaguardia in quanto ve ne sono alcune ancora ‘aperte’, per le quali la certificazione del diritto può ancora avvenire non solo nel presente esercizio ma anche in esercizi successivi”.

In particolare, il monitoraggio complessivo delle operazioni di salvaguardia (considerando dati parziali che inglobano anche le salvaguardie c.d. “aperte”) evidenzia al 10 settembre 2015 circa 121.500 tra certificazioni accolte (116.000) e attuali giacenze che, con riferimento in particolare alla c.d. “seconda” e “sesta” salvaguardia (salvaguardie ancora “aperte”) possono ancora incrementarsi.

Ciò detto, e per quanto attiene le operazioni di salvaguardia “chiuse”, il Governo si è detto disponibile a utilizzare le eventuali risorse disponibili accertate per gli anni futuri per dare copertura a un eventuale nuovo ma definitivo intervento in materia di salvaguardia dei lavoratori dall’applicazione dei requisiti pensionistici di cui al D.L. n. 201/2011.
L’Esecutivo si impegna, inoltre, a ricercare soluzioni finalizzate al recupero delle economie accertate per gli esercizi pregressi e al relativo utilizzo per gli esercizi successivi, previa compensazione sui saldi di finanza pubblica nel rispetto degli obiettivi programmati.

Operazione donna – Per quanto concerne le disposizioni relative all’“opzione donna” (articolo 1, comma 9, della Legge n. 243/2004), il MEF afferma che - qualora si intendesse estendere il beneficio anche ai soggetti con decorrenza del trattamento successiva al 31 dicembre 2015 (maturazione del requisito a tutto il 31/12/2015) - risulterebbe necessaria una modifica della normativa vigente dalla quale conseguirebbero maggiori oneri in relazione ai quali risulta necessario reperire contestuali mezzi di copertura.

Flessibilità in uscita – Importanti riflessioni giungono anche sul fronte “flessibilità in uscita”. A tal proposito, il ministro del MEF tiene innanzitutto a precisare che allo stato attuale esistono comunque margini di flessibilità che consentano di adeguare le scelte di pensionamento alle esigenze individuali sulla base di criteri attuariali, e questo è di per sé già un aspetto positivo. Tuttavia, per affrontate un dibattito costruttivo in merito è necessario tenere in considerazione di alcuni punti, scrupolosamente elencati da Padoan:
• in una società caratterizzata da un’elevata vita attesa e prospettive di significativo ulteriore incremento è inevitabile un progressivo aumento dell’età di pensionamento;
• in un paese caratterizzato da un elevato debito pubblico è necessario un assetto normativo-istituzionale del sistema pensionistico in grado di contribuire significativamente al processo di rientro del rapporto debito/pil;
• il meccanismo attuariale potrebbe non risultare sufficiente ad assicurare gli obiettivi di innalzamento dell’età media di accesso al pensionamento e di adeguatezza delle prestazioni;
• infine, è stato sottolineato come già nell’ordinamento vigente vi siano forme di flessibilità, nell’ambito dei requisiti generali di accesso al pensionamento, compatibili con gli obiettivi di finanza pubblica (come ad esempio il pensionamento anticipato, alcune gradualità nel processo di elevazione dell’età pensionabile), che già conducono a un’età media effettiva di accesso al pensionamento inferiore al requisito ordinario per l’accesso al pensionamento di vecchiaia ordinario (nel 2014 l’età media di accesso al pensionamento è risultata 62,6 anni, a fronte di un requisito anagrafico per vecchiaia di 66 anni e 3 mesi, e nel 2015, come programmato, si verifica un incremento nell’accesso al pensionamento anche per la progressiva maturazione da parte degli assicurati dei nuovi requisiti di accesso al pensionamento anticipato).
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy