6 settembre 2013

Licenziamento per GMO. Le novità del D.L. lavoro

È escluso l’obbligo di avviare la procedura di conciliazione in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – Il recente decreto lavoro (D.L. 76/2013, convertito nella L. n. 99/2013), entrato in vigore lo scorso 23 agosto 2013, tra le varie agevolazioni introdotte trova anche spazio per alcuni interventi che modificano la disciplina riguardante i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Vediamoli nel dettaglio.

Riforma Fornero
– Prima di illustrare però le modifiche introdotte in merito dal recente decreto lavoro, è bene ricordare che la Riforma Fornero (L. n. 92/2012) – a decorrere dal 18 luglio 2012 – ha integralmente sostituito l’art. 7, della L. n. 604/1966. Ciò comporta che tutti i datori di lavoro i quali: oltrepassano la soglia dei 15 dipendenti nella singola unità produttiva o nel comune; ovvero che ne occupano comunque più di 60 nell’intero territorio nazionale, nel caso in cui intendano recedere per giustificato motivo oggettivo sono tenuti preventivamente ad avviare un’apposita procedura conciliativa davanti alla DTL del luogo in cui il lavoratore presta la propria opera.

Casi di esclusione della conciliazione
- Una prima modifica introdotta dal D.L. lavoro riguarda i casi di esclusione della procedura di conciliazione: infatti, quest’ultima non si applica nelle seguenti ipotesi:
- licenziamento per superamento del periodo di comporto;
- licenziamenti e interruzioni del rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui all'articolo, ovvero: licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere;
- licenziamento del lavoratore nel periodo di prova, licenziamento dei dirigenti di azienda e licenziamento dell'apprendista al termine del periodo formativo.

Quando si applica la procedura di conciliazione? – Al contrario, secondo il Ministero del Lavoro, la procedura va attivata nelle seguenti ipotesi: ristrutturazione di reparti; soppressione del posto di lavoro; esternalizzazione di attività; sopravvenuta inidoneità fisica del prestatore; casi in cui la prestazione divenga impossibile in seguito a provvedimenti di natura amministrativa quali il ritiro del porto d’armi a una particolare guardia giurata, di specifiche abilitazioni (es. permessi di accesso in aree riservate degli aeroporti) o della patente di guida ovvero ancora la detenzione del dipendente per fatti estranei al rapporto di lavoro.

Aspetti sanzionatori – L’altra importante novità riguarda i profili sanzionatori connessi al mancato rispetto della procedura. A tal proposito, va segnalato che, se già l’art. 18 della L. n. 300/1970, 20 maggio 1970, n. 300 come modificato appunto dalla Riforma Fornero, prevedeva che, nell’ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace, tuttavia legittimo (in quanto il giustificato motivo oggettivo comunque sussiste) per violazione della procedura di cui all'articolo 7 della Legge 15 luglio 1966, n. 604, il datore di lavoro è obbligato a versare al lavoratore un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale da lui commessa, tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, il nuovo decreto lavoro aggiunge un’ulteriore sanzione. Infatti, l’articolo 7 della Legge n. 604/1966 è stato ulteriormente modificato con l’aggiunta di un ulteriore periodo in chiusura del comma 6, il quale ora prevede anche che “la mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione è valutata dal giudice ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura civile”, ossia è valutata dal giudice come prova, secondo il suo prudente apprezzamento.
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