3 novembre 2014

Licenziamento. Rilevano anche fatti pregressi del lavoratore

Corte di Cassazione, sezione Lavoro, sentenza n. 22152/2014

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa - Nell'avvio della procedura di licenziamento disciplinare, anche i comportamenti tenuti in precedenza dal lavoratore, e per i quali il datore di lavoro non ha ritenuto necessario ai tempi prendere provvedimenti, possono essere valutati ai fini della gravità dell'inadempimento. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22152/2014.

La vicenda - Il fatto vede contrapporsi una Spa e un dipendente licenziato dalla stessa che, previo accertamento dell'infondatezza dei provvedimenti disciplinari inflittigli, chiedeva al Giudice di dichiarare la nullità e/o l'illegittimità del licenziamento intimatogli. La proposta del lavoratore, però, è stata rigettata sia in primo che secondo grado di giudizio. Al riguardo, il Giudice della Corte d’Appello affermava che in relazione al licenziamento, per altro avvenuto per giusta causa, il dipendente avrebbe dovuto chiedere espressamente la caducazione delle sanzioni disciplinari irrogategli (supportanti il licenziamento). Gli Ermellini, inoltre, rilevavano che il licenziamento si basava non soltanto su questioni recidive di cui all’art. 2119 c.c., ma anche per il fatto che il lavoratore, rifiutando di eseguire i compiti affidatigli dal suo superiore, aveva di conseguenza posto in essere un comportamento di insubordinazione, causa inidonea a continuare il rapporto di lavoro anche temporaneo. Contro la sentenza d’Appello proponeva nuovamente ricorso il lavoratore per Cassazione, basandosi sul fatto che i Giudici non avevano tenuto conto del tenore letterale della comunicazione del licenziamento dal quale emergeva chiaramente che in assenza dei provvedimenti disciplinari, il datore di lavoro, per l'insubordinazione al suo direttore superiore, avrebbe irrogato una diversa sanzione e non comminato il licenziamento.

La sentenza – Gli Ermellini confermano la linea di pensiero tenuta sia in primo che secondo grado di giudizio, respingendo la richiesta dell’ex dipendente. In particolare, è stato precisato che il licenziamento "sin dall'indicazione dell'oggetto" era stato irrogato non solo per recidiva sulla base del contratto collettivo nazionale, bensì anche per giusta causa, ravvisata nell’"impossibilità intrinseca di prosecuzione del rapporto per recisione del vincolo fiduciario", chiaramente riconducibile alla condotta d'insubordinazione del dipendente rispetto alle direttive impartite dal suo superiore. Ciò è bastato a irrogare l’illegittimità del licenziamento e a ritenere che, ai fini della valutazione della gravità della insubordinazione e della conseguente sussistenza della giusta causa, è possibile tener conto anche di infedeli comportamenti pregressi tenuti dal lavoratore.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy