17 aprile 2012

Telefonate durante il turno di lavoro? Legittimo il licenziamento

Legittimo il licenziamento del sorvegliante che effettua telefonate di svago durante il turno di lavoro

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa - È legittimo il licenziamento del lavoratore che durante il turno di sorveglianza effettua telefonate private, così come provato dai tabulati telefonici. In sintesi, ciò è quanto stabilito dalla Cassazione, sezione Lavoro, sentenza n. 5371 del 4 aprile scorso, confermando quindi la sentenza della Corte d’Appello di Lecce che aveva rigettato il ricorso del dipendente. Infatti, il divieto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori di installazione di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature per il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, riferendosi alle sole installazioni poste in essere dal datore di lavoro, non preclude a quest’ultimo, al fine di dimostrare l’illecito posto in essere da propri dipendenti, di utilizzare le risultanze di registrazioni operate fuori dall’azienda o i suddetti tabulati telefonici acquisiti da un soggetto terzo per esclusive finalità difensive.

La vicenda – La vicenda riguarda un dipendente, addetto al servizio di sorveglianza all’ingresso di un ospedale, che aveva subito un procedimento disciplinare conclusosi con il licenziamento per giusta causa, per aver più volte effettuato telefonate di svago, lunghe anche due ore, mentre era in servizio. A scoprirlo era stata l'azienda ospedaliera, che aveva controllato i tabulati non spiegandosi il numero eccessivo delle chiamate rilevate. A quel punto, coincidendo con gli orari di turno del dipendente, l'Istituto di vigilanza lo aveva licenziato.

Dignità e riservatezza – Quanto all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, secondo la Corte territoriale non vi era stata alcuna lesione della dignità e della riservatezza del lavoratore, in quanto: svolgeva la propria prestazione lavorativa in postazione chiusa;l'utenza telefonica dell'ospedale si trovava in tale postazione; i tabulati telefonici erano stati acquisiti non dal datore di lavoro, ma dall'azienda ospedaliera, soggetto estraneo al rapporto di lavoro; gli ultimi tre numeri delle telefonate ritenute abusive erano stati criptati.

La sentenza –La decisione dei giudici di merito è stata confermata dalla Suprema Corte che ha precisato come "nella specie è stato conferito il giusto risalto al tipo di attività svolta dall'addetto alla sorveglianza all'ingresso del presidio ospedaliero, che richiede particolare attenzione per evitare il rischio di intrusioni di soggetti non autorizzati, eventualmente pericolosi, in un ambiente quale quello ospedaliero, evidenziandosi anche il pregiudizio rispetto alla perdita di future commesse da parte della società che aveva in appalto il servizio”. Inoltre, ricordano gli Ermellini, "nella ipotesi di licenziamento intimato per una mancanza del lavoratore che si concreti in una violazione non solo del dovere di diligenza, ex art. 2104 cod. civ., ma anche del dovere di fedeltà all'impresa, di cui all'art. 2105 cod. civ., la legittimità della sanzione deve essere valutata, ai fini della configurabilità della giusta causa di recesso ai sensi dell'art. 2119 cod. civ. o del giustificato motivo soggettivo, tenendo conto della idoneità del comportamento a produrre un pregiudizio potenziale per se stesso valutabile nell'ambito della natura fiduciaria del rapporto, indipendentemente dal danno economico effettivo, la cui entità ha un rilievo secondario e accessorio nella valutazione complessiva delle circostanze di cui si sostanzia l'azione commessa". Pertanto, la Corte di merito ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio pari a € 40,00, per esborsi, € 2.500 per onorario, oltre alle spese generali, IVA e C.P.A.
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