Collegata alla prima legge di Bilancio, e dunque tra le prime misure attuative del nuovo governo, ci sarà anche una prima riforma del Reddito di cittadinanza, con l’obiettivo di invertirne lo spirito, non eliminando la misura di sostegno per le famiglie in difficoltà, ma cambiandone le regole in un’ottica che privilegi l’occupabilità della popolazione in grado di lavorare. Chiunque sia inabile al lavoro continuerà infatti a ricevere il sussidio, compresa anche quella fascia che ha perso il lavoro a pochi anni dal diritto alla pensione e fatica a riconvertire il proprio posizionamento sul mercato del lavoro. Tutta la fascia tra i 20 e i 40, invece, in condizioni di poter lavorare, sarà indirizzata alla ricerca di un lavoro attraverso uno specifico iter formativo. A tal fine ci si servirà del meccanismo dei lavori socialmente utili per i Comuni: saranno ridotti i trasferimenti, bloccando le assunzioni di cui anche gli enti locali hanno necessità, soprattutto in questo momento di difficoltà acuita dalla crisi energetica. Ai comuni saranno invece messi a disposizione i percettori del reddito under 55 abili al lavoro, che per poter ricevere il sussidio dovranno lavorare per gli enti locali e seguire delle ore di formazione obbligatoria. Ai comuni il compito di verificare che i lavori e le ore di formazione saranno effettivamente svolti, sanzione la segnalazione ad Anpal e Inps che potrebbero revocare l’erogazione del reddito. L’obiettivo governativo si fa così duplice: da un lato ridurre la platea di percettori dell’assegno, dall’altra sottrarre il circuito del sussidio all’economia sommersa, in riferimento a quanti oltre alla percezione del reddito percepiscono somme da lavori in nero non regolarizzati da contratti e che possono così permettersi di rifiutare le offerte di lavoro ricevute attraverso il sistema attuale di collocamento previsto dalla misura. L’obiettivo è poi di arrivare a un risparmio di spesa da dirottare a rafforzare il sistema dei controlli.
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