Il conflitto Russo-Ucraino sta provocando una serie di ripercussioni negative sull’economia europea, a tal proposito, sembra esser pronto un nuovo pacchetto di sanzioni da destinare alla Russia.
Il quinto round di sanzioni comprende il divieto di importazione di carbone dal Paese russo in una quantità pari a 4 miliardi di euro all’anno. Questo comporterebbe la perdita di un’ulteriore entrata per Mosca.
La notizia è stata data dalla presidente della Commissione europea, Ursula Von del Leyen.
Non è una novità quanto il carbone sia nocivo per l’ambiente e, per tale motivo, uno degli obiettivi principali dell’Unione Europea per i prossimi anni è costituito dall’intenzione di eliminare definitivamente il carbone come fonte energetica. Nonostante ciò, però, considerate le circostanze provocate dallo scoppio della guerra, la produzione di quest’ultimo è aumentata nuovamente al fine di produrre elettricità.
È doveroso precisare che la crescita dei prezzi dell’energia non è stata provocata solo dal conflitto attuale ma già dallo scorso periodo estivo la ripresa post pandemia ha portato alla luce un’insufficiente offerta rispetto alla domanda. Pertanto, vari sono stati i motivi che hanno condotto nuovamente alle miniere di carbone.
Si ricorda che oltre alla Russia, gli esportatori cardine dal punto di vista globale sono Indonesia, Australia, Stati Uniti, Colombia e USA. A fruirne maggiormente, invece, troviamo Cina, India, Giappone e Europa.
Il processo di decarbonizzazione ha comportato per l’Europa una diminuzione dell’utilizzo del combustibile fossile.
Nonostante ciò, Brugel evidenzia che l’UE ha bloccato la produzione ma al contempo ha raddoppiato l’importo, il consumo interno, infatti, dal 30% ha superato la soglia del 60%.
Di fronte a tale scenario, molti analisti non nascondono le proprie perplessità sulla disponibilità di carbone per l’UE qualora si fermasse l’import dalla Russia.
Basti pensare al ruolo che la capitale russa ha svolto nel diminuire il divario tra il consumo interno europeo e la produzione di gas, di fatti dal 1990 al 2000 le importazioni sono aumentate da 8 milioni di tonnellate a ben 43 milioni.
In tale scenario si rende indispensabile la distinzione tra ‘carbone termico’ usato per produrre elettricità e ‘carbone metallurgico’ utilizzato nella produzione di ferro e acciaio.
Il carbone metallurgico russo costituisce tra il 20% e il 30% dell’importazione di carbone dell’Ue, quella di carbone termico, invece, si aggira intorno al 70% con Germania e Polonia che sono i paesi più dipendenti.
A parere del think tank l’aumento della capacità inutilizzata potrebbe sostituire gli attuali volumi di carbone russo. Per esempio, se tutte le centrali tedesche a carbon fossile avessero funzionato regolarmente nel 2021, avrebbero prodotto 140 TWh in più di elettricità.
Si ritiene, dunque, che il carbone russo può essere sostituito in quanto i mercati globali sono forniti e flessibili. Infatti, se è vero che negli ultimi decenni la Russia è stato l’unico Paese ad aumentare il proprio export in Europa è anche vero che molti fornitori esclusi potrebbero ritornare.
Al contempo, qualora si verificasse una situazione di emergenza, la produzione interna dell’Ue potrebbe aumentare di 40 milioni di tonnellate. Nel 2021 tale produzione ha raggiunto un nuovo minimo ossia 329 milioni di tonnellate al cospetto dei 373 milioni del 2019.
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