Prima che il clima impazzisse, gli “eventi naturali” esistevano già, ma al netto di vittime e devastazioni erano diluiti nel tempo, relegati alla voce rarità e per lo più imputabili ai capricci della natura, che di tanto in tanto ricordava a tutti di essere padrona assoluta del pianeta in cui viviamo.
Ora, non è più così: difficile che passino un paio di settimane senza assistere inermi a intere zone ridotte a macerie, invase dall’acqua che si porta via tutto e in cambio lascia solo fango e disperazione.
La catastrofe, che per definizione era un evento raro e sfortunato, oggi per colpa del clima imbizzarrito è passato nella casistica delle certezze, costringendo ogni volta lo Stato a mettere mano al portafoglio per rimediare, compensare e dare una mano a ricostruire. Fino ad oggi, l’iter era noto: colpiti da un danno causato da evento catastrofico, i cittadini o le imprese facevano domanda allo Stato e questo stanziava dei fondi per rimborsare i danni. Certo, qui si potrebbe aprire una lunga appendice su ritardi, appalti, inchieste e ruberie che nel tempo hanno reso bella l’aria di questo Paese, ma è meglio passare oltre.
Resta però il problema: frane, terremoti, inondazioni, alluvioni ed esondazioni sono diventate una voce di spesa imprevedibile valutata in circa 3,5 miliardi all’anno, un pozzo senza fondo di aiuti a cui star dietro è diventato complicato. Per questo, dal prossimo 31 dicembre, industrie e aziende dovranno dotarsi di assicurazioni contro i rischi da catastrofi naturali che coprano i danni a terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali. E attenzione, perché per quanti non si metteranno in regola, la mancanza di una copertura assicurativa comporterà l’automatica esclusione da contributi, sovvenzioni e agevolazioni. Lo ha deciso con l’ultima legge di bilancio il Ministero per la protezione civile e le politiche del mare.
Secondo i dati dell’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), rispetto al resto d’Europa la maggioranza delle imprese italiane non dispone di alcuna copertura assicurativa: per essere più precisi, la quasi totalità delle microimprese fino a nove dipendenti non sono assicurate, a fronte del 5,6% che al contrario è corsa ai ripari stipulando polizze assicurative per coprire eventi sismici, e ancora meno (il 2%) contro il rischio alluvionale. Il tasso di copertura è assai ristretto anche per le piccole imprese (10-49 dipendenti), di cui risulta assicurato solo il 22,8% per i terremoti e il 19,7% contro le alluvioni, ma cresce al contrario per medie imprese (50-249 dipendenti), con il 69,2% assicurate contro i terremoti e il 71,5% per le alluvioni, e ancora di più per le grandi imprese, fra cui risultano assicurate rispettivamente l’88,8% e l’84,9%.
La faccenda, prendendo il punto di vista di chi in caso di disgrazia deve pagare, cambia tenore: in base ad un’analisi del “Cerved Group”, l’esposizione potenziale massima delle compagnie assicurative può superare tranquillamente i 1.701 miliardi di euro, mille in più dei 790 attuali. Di questi, usando come unità di riferimento le aziende iscritte nel registro delle imprese, 987 si riferiscono a fabbricati e terreni, mentre 714 a macchinari, impianti e attrezzature industriali e commerciali. Sia chiaro: la cifra non rappresenta il valore commerciale dei beni ma quello di ripristino che le compagnie devono coprire, e neanche tiene conto di eventuali limiti contrattuali che variano di caso in caso, in cui la compagnia può decidere di indennizzare il 100% del valore assicurato o percentuali inferiori.
Spostando la questione sulla geografia, per le assicurazioni l’area più a rischio è rappresentata dal Nord-Ovest (Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia e Piemonte), dove l’esposizione raggiunge circa 700 miliardi di euro (400 per fabbricati e terreni, 300 per macchinari, impianti e attrezzature), con il caso particolare della Lombardia, che vista la concentrazione industriale da sola supera i 500 miliardi di euro, perfino di più del comparto Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna), che si ferma a circa 430 miliardi di euro. Spostandosi al Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo) il rischio da esposizione scende a circa 330 miliardi di euro, mentre nel Sud (Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria) e nelle Isole l’esposizione complessiva sfiora i 240 miliardi di euro.
Per quanto riguarda i privati cittadini, l’assicurazione contro i danni provocati da catastrofi naturali è molto spesso un’estensione della polizza incendio. In Italia le abitazioni coperte dai rischi di incendio sono poco più del 44% del patrimonio immobiliare totale, ma soltanto il 5,3% sono quelle assicurate contro i rischi da catastrofi naturali.
Uno dei motivi è l’estrema variabilità del costo della polizza, legato a diversi fattori come il rischio sismico della zona in cui si vive, le condizioni e l’anno di costruzione dell’edificio e la presenza di una certificazione antisismica dell’immobile. La polizza copre tutti i danni materiali alle cose assicurate causati da terremoto e alluvione, compreso l’incendio, l’esplosione o scoppio come conseguenza. Oltre al rimborso del capitale assicurato, sono normalmente incluse le coperture delle spese di demolizione, sgombero, trasporto, smaltimento e trattamento delle macerie, pernottamento in albergo nel caso di inagibilità dell’abitazione, rimozione, trasporto, ricollocamento e deposito dei beni contenuti nei locali.