Le pensioni in Italia sono al centro del dibattito politico e finanziario ormai da tempo, tornate poi di forza durante la campagna elettorale e in queste settimane in cima all’agenda delle prime misure cui dovrà apprestarsi il nuovo assetto governativo. Scadranno infatti a fine anno alcuni canali di congedo anticipato, insieme a Quota 102, Opzione Donna e Ape sociale, con molte delle proposte del centro destra che prevedono interventi per ridurre l’età di uscita dal mondo del lavoro, mentre altre puntano a ritoccare verso l’alto i trattamenti minimi. L’obiettivo sembrerebbe quello di evitare un ritorno alla legge Fornero in versione integrale, lasciando all’esecutivo solo due mesi per ritoccarne la regolamentazione.
Una soluzione, tuttavia, che non risulta del tutto compatibile con i conti pubblici, così come sono stati definiti nella Nota di aggiornamento al Documento Economia e Finanza redatto dall’uscente governo Draghi, su cui pesa, anche in questo ambito, la crescita inflazionistica.
La situazione attuale – Al momento i due canali principali di uscita rimangono invariati, e cioè è previsto il pensionamento per vecchiaia a 67 anni e 20 di contributi, o anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi, un anno in meno per le donne, senza considerare l’età. Per quest’anno è prevista poi anche Quota 102 od Opzione donna: 64 anni di età e 38 di contributi, 58 o 59 anni di età e 35 di contributi per le donne. Ape sociale rende invece possibile l’uscita a partire dai 63 anni. Tre opzioni queste, però, che, salvo proroghe, scadranno con la fine del 2022. Un quadro che si fa complesso se si considera lo stato di salute dei conti pubblici e le misure in cantiere. L’Italia resta infatti tra i Paesi che investono più risorse in spesa pensionistica rispetto al Pil, in Europa e in area Ocse, sia al lordo sia al netto delle tasse.
Le prospettive - Nessuna soluzione o proposta di intervento risulterebbe però a costo zero, in un momento in cui l’esigenza di far quadrare i conti potrebbe portare ad adottare soluzioni di flessibilità per un ricalcolo pensionistico, estendendo ad altre categorie quello che già accade, per esempio, con Opzione donna. Nella coalizione di maggioranza, prossima all’insediamento, sembra proprio una proroga di Opzione donna la misura su cui concordano i diversi partiti.
Lo scenario internazionale - In generale linee di intervento ritornano, per esempio, anche tra le linee guida definite a livello internazionale per un sistema pensionistico in salute ed efficiente. Un punto su cui si è tornati in occasione dello Studio Mercer, alla sua XIV edizione, che ha riportato una fotografia preoccupante del panorama italiano in questo ambito. Nella valutazione del Mercer Cfa Institute Pensioni Index l’Italia si colloca 32esima su 44 Paesi, specialmente a causa della sostenibilità delle pensioni, per cui il nostro Paese ha ottenuto un punteggio di 23,1 su 100. Insieme a questo criterio, hanno concorso alla valutazione anche adeguatezza e integrità con rispettivamente 72,3 e 74,7. Per migliorare il valore complessivo del sistema pensionistico italiano le priorità, secondo i vertici dell’organizzazione, dovrebbero vertere nei prossimi anni su un aumento della copertura previdenziale di secondo pilastro, un aumento della partecipazione della forza lavoro in età avanzata, con l’aumento delle aspettative di vita, limiti alla disponibilità di prestazioni prima del pensionamento, riduzione del debito pubblico e della spesa pensionistica. Importante anche il tema dell’adesione ai fondi pensionistici, ferma al 30% della popolazione potenziale.
Il peso dei conti – Le coperture da individuare non dovrebbero però superare, con la prossima manovra, i 12 o 15 miliardi, stando al flusso di spesa assorbito nel quadro tendenziale. Sempre che nel programma non venga compreso l’irrobustimento delle pensioni più povere per raggiungere la soglia dei mille euro: in questo caso le risorse da recuperare sarebbero ancora più ingenti. Una crescita della spesa da monitorare, e che rimane tra i parametri controllati da Bruxelles, considerando i ristretti spazi di finanza pubblica, al momento destinati perlopiù al sostegno di famiglie e imprese contro il caro energia. Il ritorno della legge Fornero farebbe salire il prossimo anno le uscite pensionistiche del 7,9%, come ha ricordato lo stesso presidente Inps Tridico. Per una spesa destinata a salire di 53,4 miliardi nel prossimo triennio. Un profilo definito anche dal Mef nei medesimi termini: la spesa per le pensioni rispetto al Pil nei prossimi due anni aumenterà significativamente, raggiungendo il 16,4%, con più di un punto percentuale in più rispetto alle previsioni nel 2018, quando entrò in vigore la legge Fornero. Risulta così evidente come anche qualsiasi intervento per cambiare la normativa farà crescere ulteriormente la spesa, come Quota 41. Il pensionamento con 41 anni di contributi, difeso dalla Lega, costerebbe secondo Inps 4 miliardi solo per il primo anno.