Quasi (se non del tutto) deludenti sono stati i risultati del contratto di ricollocazione. Al termine del periodo sperimentale le domande accolte sono state poco più di 4mila e, 600 risultano esser quelle in corso di elaborazione presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale.
L’
articolo 41 del decreto Sostegni bis (DL n. 73/2021) ha istituito il contratto in questione. Questa nuova tipologia di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato aveva l’obiettivo di incentivare l’inserimento dei lavoratori in stato di disoccupazione nel mercato del lavoro, concedendo al datore il diritto a beneficiare dell’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali dovuti.
Il beneficio è stato introdotto in via sperimentale, per i datori di lavoro privati (con esclusione del settore agricolo e del lavoro domestico) che abbiano effettuato nuove assunzioni mediante il contratto di rioccupazione nel periodo tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021.
Al termine del periodo, con 4.073 domande accolte e 600 in fase di elaborazione i risultati appaiono abbastanza deludenti; pertanto, ci si chiede perché una misura di incentivazione occupazionale di questo tipo – soprattutto in seguito ai notevoli investimenti del Governo – non abbia riscosso il successo aspettato.
In realtà, nonostante le stime iniziali presenti nella relazione tecnica del decreto citato, corrispondenti a 325mila assunzioni a tempo indeterminato, la possibilità che la misura non avesse il successo desiderato era emersa già pochi giorni dopo la pubblicazione del decreto. Il motivo ad oggi è abbastanza chiaro, il nuovo beneficio non era più conveniente del già vigente contratto di apprendistato.
Per completezza, ricordiamo che il contratto di apprendistato professionalizzante riguarda i soggetti con più di 29 anni di età, che essendo in stato di disoccupazione, possono fruire di una qualificazione o riqualificazione professionale. Tale contratto, per i datori di lavoro, dinanzi a un piano formativo che segue le indicazioni di un contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), risulta essere molto più vantaggioso, basti pensare che la riduzione del costo di lavoro è molto più conveniente nel contratto già vigente che in quello successivamente introdotto.