Con l'ordinanza n. 18785 del 2 luglio 2021 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi di due temi ricorrenti: la revoca dell'assegno divorzile alla ex moglie che abbia intrapreso una convivenza stabile con un altro uomo e l’indicazione dei presupposti in presenza dei quali ai genitori spetta l'obbligo di continuare a provvedere al mantenimento in favore dei figli maggiorenni.
Il caso è quello di un uomo che aveva presentato al Tribunale di Messina ricorso per la revisione delle condizioni di divorzio, chiedendo la revoca sia dell’assegno divorzile nei confronti della ex moglie ormai ricongiuntasi in stabile convivenza con un altro uomo, sia quello di mantenimento nei confronti della figlia ventiseienne.
Il giudice di primo grado aveva accolto solo la prima domanda, mantenendo invece a carico del padre l’obbligo di mantenimento nei confronti della figlia.
Avverso quest’ultima decisione l’uomo aveva perciò proposto reclamo ex art. 739 c.p.c. ottenendo così dalla Corte territoriale di Messina anche la revoca dell’obbligo di mantenimento nei confronti della figlia, in considerazione sia della sua età avanzata sia in considerazione della sua indiscutibile scarsa propensione agli studi nonché del suo altrettanto scarso impegno nel proseguire l'attività commerciale che padre e zio le avevano prospettato mettendole a disposizione persino un locale.
L’ex moglie aveva perciò proposto ricorso in Cassazione, denunciando:
- ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., l’omessa motivazione nel provvedimento impugnato relativamente alla revoca dell'assegno di mantenimento in favore della figlia fondata sulla scarsa propensione della stessa agli studi e al lavoro;
- la violazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità in materia di mantenimento dei figli maggiorenni, poiché la Corte d'Appello aveva omesso di accertare se la figlia si trovasse o meno nella condizione di poter essere economicamente autosufficiente e se il mancato svolgimento di un'attività lavorativa fosse effettivamente imputabile a una condotta inerte o a un rifiuto ingiustificato, visto che le prove addotte avevano dimostrato i suoi sforzi negli studi e per inserirsi nel mondo del lavoro;
- la nullità della pronuncia per violazione del giudicato, poiché il Tribunale, alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali, aveva modificato in pratica - nonostante l'assenza di fatti nuovi e sopravvenuti - le precedenti decisioni coperte da giudicato del Tribunale e della Corte d'Appello (rispettivamente nel 2009 e nel 2010), che nel regolamentare le condizioni patrimoniali della coppia divorziata avevano escluso l'esistenza di una convivenza stabile, tale da giustificare la revoca dell'assegno. Per cui il fatto che la Corte di Appello si sia limitata a confermare la decisione di primo grado, i vizi di quest'ultima si estendono anche al provvedimento impugnato.
La Cassazione ha però rigettato il ricorso, ritenendo tutti e tre i motivi infondati.
- a) In relazione alla problematica del mantenimento dei figli maggiorenni, la Suprema Corte ha ribadito che il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento si giustifica all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, considerato che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell'obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società. Di conseguenza, deve escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione e del mercato del lavoro. Per la Cassazione, la valutazione delle circostanze che giustificano la cessazione dell’obbligo alimentare nei confronti del figlio maggiorenne va effettuata dal giudice del merito caso per caso e deve fondarsi su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto. In tale ottica, costituisce un elemento rilevante il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è concluso, posto che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, o, come già osservato dovute ad un ciclo formativo da concludere se intrapreso e proseguito concretamente) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole. È dunque corretta la conclusione a cui è pervenuta la Corte di Appello nel ritenere che l'età avanzata della figlia (ventisei anni all'epoca del procedimento di appello), il suo rifiuto ingiustificato di proseguire l'attività commerciale che padre e zio le avevano prospettato attraverso la messa a disposizione di un locale, nonché la sua scarsa propensione agli studi, “integrassero circostanze sufficienti a legittimare la revoca dell'obbligo di mantenimento da parte del padre."
- b) In relazione alla questione della corresponsione dell’assegno divorzile nei confronti dell’ex coniuge che abbia intrapreso una nuova stabile convivenza, la Cassazione ha affermato che la Corte di Appello ha correttamente riconosciuto nella convivenza more uxorio, perdurante anche dopo la proposizione del ricorso per il divorzio e ammessa dalla stessa ricorrente, un requisito di fatto idoneo per accogliere la domanda di revoca dell'assegno divorzile. Accertamento di fatto rimesso al giudice del merito e come tale insindacabile in sede di legittimità.