Nei lunghi mesi della pandemia, quando il mondo era chiuso in casa ad aspettare che il peggio passasse, uno dei pochi motivi di conforto era il cibo, il food, la possibilità di togliersi sfizi gastronomico-culinari rimandando a tempi migliori la battaglia con la bilancia. E ovunque nel mondo, quando si parla di cibo, a svettare nelle richieste e nel delivery, l’italian food svettava.
Lo dicono, a scanso di equivoci, i dati snocciolati da Ettore Prandini, presidente “Coldiretti”, intervenuto al pre Food System Summit delle Nazioni Unite, nella sessione dedicata a “From the G20 Matera Declaration to the Food Systems Summit: A Framework for Emerging Coalitions of Action”.
Durante l’emergenza Covid il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia, per un valore pari al 25% del Pil, con 538 miliardi di euro lungo l’intera filiera agroalimentare, e ben 4 milioni di lavoratori impegnati in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.
“Si tratta del riconoscimento nostro ruolo svolto a livello nazionale ed internazionale nella promozione di un modello di agricoltura attento all’innovazione, basato su sviluppo sostenibile, difesa dell’ambiente, della salute e dei diritti sociali, con la valorizzazione del rapporto con i territori e delle produzioni locali. Un impegno che ha portato l’Italia ad essere leader mondiale nella tutela della biodiversità, nella sicurezza alimentare e nelle produzioni di qualità che sono anche le più contraffatte al mondo, con un valore dei falsi che nel 2020 ha superato i 100 miliardi di euro. L’agroalimentare Made in Italy anche nella pandemia ha dimostrato la capacità di guardare al futuro. Dalla transizione ecologica a quella digitale, siamo consapevoli del ruolo e della responsabilità che ogni agricoltore nel mondo ha davanti a sé: siamo produttori di vita e dal nostro impegno dipende in particolare la lotta alla fame e il contrasto alla povertà, che troppo spesso vedono proprio donne e uomini del mondo agricolo soffrire più di altri. Solo se insieme lavoreremo per difendere il reddito degli agricoltori ad ogni latitudine, potremo pensare di spezzare le catene della povertà”.
Una delle parole chiave, su cui Coldiretti insiste, è il concetto di “filiera”, l’insieme delle attività, delle tecnologie, delle risorse e delle organizzazioni che creano, trasformano, distribuiscono e vendono i prodotti. “Abbiamo dato vita a Filiera Italia che unisce aziende di trasformazione e partner strategici per il settore agroalimentare. Tra i principali obiettivi aumentare la sostenibilità e proteggere la biodiversità, lottare contro l’italian sounding e il cibo falso, sviluppare un modello produttivo equo che riconosce valore agli agricoltori, garantire massima trasparenza ai consumatori e lavorare per l’etichettatura di origine obbligatoria”.
L’emergenza sanitaria ha mostrato una consapevolezza diffusa sul valore strategico del cibo, forte del maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (314), di 526 vini Dop/Igp e 5.266 prodotti alimentari tradizionali custoditi lungo tutta la Penisola da generazioni dagli agricoltori. “Una ricchezza da salvare che non ha solo un valore economico ma anche storico, culturale e ambientale. L’Italia ha 504 varietà iscritte al registro viti e 533 varietà di olive, è il primo produttore UE di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne”.