Con la fine del 2024, l’INPS ha comunicato di aver concluso le verifiche per le indennità una tantum “bonus bollette” da 150 e 200 euro concesse in via provvisoria ai pensionati che avevano presentato la domanda. I controlli, incrociando i dati forniti dall’Agenzia delle Entrate sulle dichiarazioni dei redditi del 2021, hanno permesso di individuare chi non ne aveva diritto, facendo scattare in automatico l’attività di recupero.
Nei casi in cui i redditi superavano i limiti previsti, l’INPS sta inviando in questi giorni una comunicazione di indebito attraverso la “Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione - SEND - Servizio Notifiche Digitali”.
In linea generale, a parte casi particolari, il recupero verrà effettuato in automatico con la trattenuta di 50 euro a rate mensili a partire dalla mensilità di giugno 2025. Se non fosse possibile la trattenuta diretta, l’INPS procederà a inviare l’Avviso di pagamento PagoPA.
Ad istituire l’indennità per far fronte all’aumento dell’inflazione era stato il Decreto Aiuti, e più precisamente l’art. 32, commi 1 e 7 del DL 17 maggio 2022, n. 50, che riconosceva un bonus di 200 euro a lavoratori, disoccupati e pensionati di qualsiasi forma previdenziale obbligatoria, pensione o assegno sociale, pensione o assegno per invalidi civili, ciechi e sordomuti, nonché ai titolari di trattamenti di accompagnamento alla pensione, purché residenti in Italia e con reddito non superiore a 35.000 euro. La misura è stata poi riproposta dal DL Aiuti-ter sotto forma di bonus di 150 euro, questa volta per redditi complessivi non superiori a 20.000 euro.
Entrambe le indennità, sia quella da 200 euro che quella da 150 euro, sono state erogate dall’INPS sulla base del reddito presunto del 2021, verificato successivamente dall’Agenzia delle Entrate.
Qualcuno, non senza suscitare polemiche, si chiede come sia stato possibile, essendo richiesto in partenza un requisito sul reddito chiaro e definito, che diversi pensionati abbiano ricevuto l’indennità senza averne alcun diritto, rendendo necessaria una marcia indietro da parte dell’Istituto, che ora, dopo averle concesse per errore, pretende la restituzione delle somme da parte dei cittadini.
In realtà, l’INPS fa spesso ricorso alla richiesta di restituzione di somme erroneamente assegnate, spesso proprio a carico di pensionati. Tuttavia, al netto di errori interni all’Istituto, vi sono numerosi casi in cui l’errore nasce dal pensionato stesso, in particolare coloro che beneficiano di prestazioni interamente o parzialmente legate ai redditi o con determinati requisiti, e che corrono il rischio di dover restituire somme poiché titolari di pensione provvisoria, percepita soltanto se i requisiti restano validi per tutta la durata della prestazione.
In queste prime settimane dell’anno, oltre alle lettere relative alle somme indebitamente percepite, numerosi pensionati hanno ricevuto le lettere della nuova campagna RED, la dichiarazione reddituale obbligatoria per i pensionati che beneficiano di prestazioni previdenziali o assistenziali collegate al reddito.
I due diversi tipi di comunicazioni dell’INPS sono strettamente legati, poiché una delle cause più frequenti di somme da restituire deriva proprio dal mancato adempimento alla campagna RED degli anni precedenti.
L’obbligo riguarda i pensionati che non sono tenuti a presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate. Chi invece è obbligato consente all’INPS, grazie all’incrocio dei dati con l’Anagrafe Tributaria, di effettuare tutte le verifiche in modo automatico, prevenendo errori fastidiosi per tutti.
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