27 aprile 2021

L’Italia ferma da molto tempo: la formazione dei giovani diventa priorità

Autore: Redazione Fiscal Focus
L’Italia è in una posizione di stallo da molto tempo e lo scenario attuale fortemente compromesso dalla pandemia evidenzia diverse difficoltà: infatti, solo l’8,8% della popolazione ha possibilità di raggiungere posizioni lavorative superiori.

Le prospettive economiche globali continuano a rimanere incerte in quanto fortemente influenzate dall’evoluzione dei contagi e dal lento avvio delle campagne di vaccinazione. Nonostante ciò, a livello internazionale alcuni segnali positivi sembrano far sperare in uno scenario moderatamente favorevole nei prossimi mesi. L’Italia, invece, presenta diverse criticità già da molto tempo e l’avvento della pandemia da Covid-19 non ha fatto altro che evidenziarle.

Il contesto demografico italiano è caratterizzato da una sempre più consistente riduzione della popolazione, e contemporaneamente, ormai da anni, il numero complessivo delle nascite non riesce a superare quello dei decessi. Oltre al calo demografico va considerato il calo produttivo che ha comportato la caduta del lavoro: solo nel 2020 sono andati persi 945mila posti di lavoro a causa della pandemia. Le imprese a “rischio” sono attualmente tantissime e la lentezza nel creare nuove strategie per affrontare i cambiamenti di certo non aiuta.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sembra essere un’occasione irripetibile per la ripresa del sistema nazionale; per tale motivo diventa importante eliminare o migliorare quegli aspetti che contribuiscono a mantenere l’Italia sempre in una posizione secondaria, se non ultima, rispetto agli altri.

In una società in continua evoluzione, il nostro sistema risulta essere fortemente caratterizzato da due elementi: la lentezza di risposta ai cambiamenti e il blocco della mobilità sociale. In un quadro generale aumentare la capacità di risposta diventa essenziale in ogni settore.
In relazione al blocco della mobilità sociale, le ricerche sulla popolazione italiana evidenziano che una buona parte di essa è posizionata nella parte inferiore della stratificazione sociale. Coloro che rientrano nei ceti medio-alti e alti non sempre riescono a mantenere le posizioni lavorative acquisite, mentre coloro che rientrano nei ceti medio-bassi rischiano maggiormente di perderle. La possibilità di raggiungere posizioni superiori riguarda solo l’8,8% della popolazione, quindi, il rischio più probabile è che via sia una mobilitazione sociale discendente.

I dati dimostrano che i territori del Centro-Nordest sono quelli maggiormente caratterizzati da una mobilità discendente, data la presenza di lavoro autonomo e di capitale umano con un livello di istruzione minimo.

In merito, l’attuale versione del PNRR contiene una serie di misure e linee progettuali che permette un’analisi dell’impatto che gli interventi proposti potrebbero avere a livello macroeconomico. La ristrutturazione del sistema di Welfare e l’investimento sul capitale umano potrebbero rappresentare due punti chiave per muovere i primi passi.

La formazione del capitale umano rappresenta un punto cruciale; non a caso il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha deciso fermamente di investire nella formazione delle nuove generazioni per il loro inserimento nel mercato del lavoro, dando priorità all’istruzione tecnica.

Il processo tecnologico sta riformulando i contenuti e i compiti nella maggior parte delle occupazioni nei paesi industrializzati ma è importante non dimenticare la presenza dei cosiddetti NEET ovvero Neither in Employment or in Education or Training (persone non impegnate nello studio, né nel lavoro, né nella formazione). Tale presenza è maggiore nelle aree del Mezzogiorno e ciò dovrebbe portare maggiori livelli di investimento in questa zona del territorio italiano.

Tutti questi fenomeni richiedono l’utilizzo di politiche e strategie attuate per migliorare sempre di più la posizione del Paese, e la formazione rappresenta il punto cardine da cui partire per il futuro.
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