17 febbraio 2025

260mila lavoratori introvabili nel 2025: l’allarme di Confcommercio

Settori come commercio, ristorazione e ospitalità alberghiera rischiano grosso per la mancanza sempre più marcata di manodopera qualificata. Fra i motivi il calo demografico, la scarsa mobilità e la preparazione insufficiente

Autore: Germano Longo
A.A.A. cercasi con urgenza pizzaioli, gelatai, macellai, gastronomi, addetti al pesce, commessi, barman, camerieri, cuochi, addetti alle pulizie e al riassetto delle camere. Sono solo alcune delle professioni del cosiddetto terziario tanto necessarie quanto sempre più “introvabili” elencate in un rapporto di “Confcommercio” e quantificate in un vuoto cosmico fatti di 260mila posti di lavoro vacanti, il 4% in più rispetto allo scorso.

Non a caso, la Confederazione delle Imprese parla di una crisi senza precedenti che sta colpendo settori come il commercio, la ristorazione e l’ospitalità, arrivando al punto di far tremare intere filiere dell’economia italiana, con gravi ripercussioni sul Pil italiano in vista soprattutto della prossima stagione estiva. “Tenendo conto delle già insoddisfacenti prospettive di crescita e delle diffuse incertezze e fragilità che contraddistinguono lo scenario internazionale, da ultimo la minaccia dei dazi americani, il problema di trovare lavoratori qualificati è un lusso che il nostro Paese non si può proprio permettere - sintetizza Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio - trovare manodopera qualificata è sempre più difficile ed è un’emergenza che rischia di frenare la crescita economica di importanti settori del commercio”.

Individuare le cause del fenomeno, che riguarda tanto le professioni qualificate quanto quelle che nessuno vuol più fare, considerate a bassa qualificazione, non è semplice e sfiora comunque il paradosso in un Paese come l’Italia, dove il tasso di disoccupazione è aumentato al 6,2% a fronte di una lieve riduzione di quello giovanile (19,4%). Detto in un altro modo, ancora più chiaro: le persone in cerca di lavoro sono cresciute del 5,8% (+88mila) mentre il numero di inattivi è sceso di poco (0,5%).

E tutto questo, al netto del rinnovo del contratto del terziario raggiunto nel marzo 2024, al termine di una lunga trattativa anticipata da uno sciopero della categoria. L’accordo prevede un aumento di 240 euro per il quarto livello contrattuale, inclusi gli incrementi riconosciuti con il Protocollo straordinario di dicembre 2022.

In prima battuta, impossibile non addossare parte delle colpe al calo demografico, con una fascia d’età compresa tra 15 e 39 anni – fondamentale in alcuni settori – che dagli Ottanta ad oggi ha perso per strada quasi 5 milioni di persone. “Il problema della natalità a breve non sarà solo un problema italiano, ma europeo: il tema è che oggi 700mila persone vanno in pensione e abbiamo 400mila neonati”, precisa il rapporto Confcommercio.

Ma c’entra anche, e in modo pesante, la sempre più marcata propensione dei giovani a rifiutare mansioni impegnative e per contro sottopagate, con turni di lavoro serali che spesso sfociano anche nei weekend. Terzo punto, un’inedita riluttanza a lasciare la terra natia per emigrare in altre zone d’Italia: quello che un tempo nonni e genitori si erano rassegnati a fare, oggi figli e nipoti tendono a scansarlo. Ultimo, ma non l’ultimo, come dicono gli inglesi, la mancanza di formazione verso professioni che richiedono competenze difficilmente incluse nei programmi scolastici, un altro punto dolente per Confcommercio: “Per favorire l’incrocio fra domanda ed offerta di lavoro è necessario rafforzare le politiche attive, con interventi strutturali e trasversali che puntino all’accrescimento delle competenze, delle capacità e delle prospettive occupazionali”.

Una tempesta perfetta che secondo la Confederazione sarà possibile superare solo attraverso l’aumento degli incentivi per chi assume, ma accompagnati da programmi di formazione come tirocini, stage e apprendistato mirati e resi più appetibili da un aggiornamento delle condizioni contrattuali. Fra le righe, si legge quanto sia sempre più necessario e urgente un rafforzamento del legame fra istruzioni e mondo produttivo, ma senza dimenticare le imprese, chiamate a fare la propria parte investendo direttamente nella formazione coinvolgendo anche i lavoratori stranieri, sempre più necessari per colmare il vuoto di mestieri che gli italiani hanno smesso di considerare.
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