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territorialità IVA dei servizi digitali rappresenta un aspetto fondamentale per le imprese operanti nel settore digitale. Questa stabilisce, infatti, il Paese in cui deve essere applicata l'IVA sui servizi forniti, come il download di software, lo streaming, e i servizi cloud. Queste normative sono determinanti per garantire la corretta imposizione fiscale. Si evita in questo modo le doppie imposizioni e fenomeni di evasione fiscale. La comprensione delle regole sulla territorialità IVA è indispensabile per le imprese che vogliono operare in conformità alle leggi fiscali internazionali.
Per un ulteriore approfondimento è possibile leggere lo speciale dedicato a
Territorialità IVA dei servizi di logistica integrata.
Gestione della territorialità IVA per le imprese digitali
La gestione della territorialità IVA per le imprese che operano nel settore digitale è fondamentale per garantire la conformità normativa e fiscale. Le imprese devono determinare con precisione il luogo di stabilimento del committente, distinguendo tra transazioni B2B (business-to-business) e B2C (business-to-consumer).
Nelle transazioni B2B, l'IVA è generalmente dovuta nel Paese del cliente. Questo implica che l'impresa fornitrice di servizi digitali deve verificare se il cliente è stabilito in un altro Stato membro dell'UE e applicare la relativa normativa fiscale. In caso contrario, se il cliente è situato al di fuori dell'UE, il servizio potrebbe non essere soggetto a IVA.
Nelle transazioni B2C, invece, l'IVA è dovuta nel paese del fornitore, a meno che il valore totale delle vendite superi una soglia stabilita, solitamente di 10.000 euro. Quando questa soglia viene superata, l'IVA deve essere applicata nel Paese del consumatore finale. Per facilitare questo processo, le imprese possono avvalersi del Mini One Stop Shop (MOSS), un regime che permette di dichiarare e versare l'IVA dovuta in tutti i paesi dell'UE attraverso un'unica registrazione .
Le imprese devono inoltre tenere traccia di vari fattori per determinare la territorialità dell'IVA, come l'indirizzo di fatturazione del cliente, l'indirizzo IP utilizzato per accedere ai servizi e le coordinate bancarie. L'uso di strumenti di monitoraggio delle vendite e dei pagamenti può aiutare a garantire la corretta applicazione dell'IVA e a evitare errori.
E-commerce e territorialità Iva dei servizi digitali
L'e-commerce nel contesto dei servizi digitali presenta specifiche complessità relative alla territorialità IVA. Con l'introduzione della Direttiva UE 2017/2455, è stato necessario adottare nuove misure per semplificare gli adempimenti fiscali delle imprese che operano nel mercato digitale.
Dal 1° luglio 2021, il regime del Mini One Stop Shop (MOSS) è stato esteso, permettendo alle imprese di dichiarare e versare l'IVA dovuta in un unico stato membro per tutte le vendite a consumatori nell'UE. Questo regime è particolarmente vantaggioso per le imprese che superano la soglia di 10.000 euro nelle vendite di servizi digitali B2C. Così facendo, le si obbliga ad applicare l'IVA nel Paese del consumatore finale.
Nel commercio elettronico diretto, la soglia dei 10.000 euro è cruciale. Se le vendite annuali superano questo importo, le imprese devono registrarsi nel Paese del committente o utilizzare il regime OSS per facilitare il pagamento dell'IVA. La registrazione al MOSS permette di gestire in modo centralizzato la fatturazione e l'adempimento degli obblighi fiscali, riducendo significativamente la complessità operativa.
Un altro aspetto rilevante è la determinazione del luogo di utilizzo dei servizi digitali. Per esempio, se un servizio digitale viene fornito tramite una rete mobile, il paese identificato dal prefisso nazionale della SIM card utilizzata per ricevere il servizio è considerato il luogo di stabilimento del consumatore.
Il luogo delle prestazioni di servizi
La determinazione del luogo delle prestazioni di servizi è fondamentale per stabilire quale Stato membro ha il diritto di riscuotere l'IVA. Le regole generali sono stabilite dalla Direttiva 2006/112/CE e dai regolamenti di esecuzione, come il Regolamento 282/2011, che specificano che la tassazione deve avvenire, per quanto possibile, nel luogo in cui i servizi sono effettivamente fruibili.
Per le prestazioni di servizi B2B (business-to-business), la regola generale prevede che l'IVA sia dovuta nel Paese in cui il committente ha il suo stabilimento. Questo significa che, se un'impresa italiana fornisce un servizio a un'azienda stabilita in Francia, l'IVA sarà dovuta in Francia.
Nelle prestazioni di servizi B2C (business-to-consumer), invece, l'IVA è generalmente dovuta nel Paese in cui il consumatore finale è residente. Per esempio, se un servizio digitale è fornito a un privato residente in Germania, l'IVA sarà dovuta in Germania. Esistono però delle eccezioni, come nel caso in cui il valore totale dei servizi resi non superi una certa soglia, solitamente 10.000 euro, dove l'IVA può essere applicata nel Paese del fornitore.
La normativa prevede che per determinare il luogo di prestazione di un servizio, il prestatore debba basarsi su informazioni fattuali ottenute dal destinatario, come l'indirizzo di fatturazione, l'indirizzo IP del dispositivo utilizzato, le coordinate bancarie, e altre informazioni pertinenti. È importante che queste informazioni siano verificate attraverso normali procedure di sicurezza commerciale.
Infine, il regolamento 282/2011 sottolinea che eventuali cambiamenti successivi nella destinazione del servizio non influenzano la determinazione del luogo della prestazione, a meno che non vi sia un abuso evidente.
Criteri per la determinazione del luogo di stabilimento del committente
Per stabilire la territorialità IVA dei servizi digitali, è essenziale identificare correttamente il luogo di stabilimento del committente. Questo processo coinvolge diverse normative e criteri specifici, volti a garantire che l'IVA sia applicata nel Paese corretto, evitando ambiguità e potenziali evasioni fiscali.
Il Regolamento UE n. 282/2011 fornisce linee guida dettagliate su come determinare il luogo di stabilimento del committente. Secondo l'art. 18 del regolamento, il prestatore può considerare che un committente sia un soggetto passivo se ha fornito un numero di identificazione IVA verificato tramite il sistema VIES, oppure altre prove come certificati fiscali rilasciati dalle autorità competenti del paese del committente.
Per i soggetti comunitari, il numero di identificazione IVA è l'elemento principale. Se il committente non ha ancora ricevuto questo numero, è possibile utilizzare altre prove ragionevoli, come documenti che attestino l'attività economica del committente. Per i soggetti extra-UE, le prove possono comprendere certificati fiscali o numeri identificativi equivalenti, sempre verificati tramite procedure di sicurezza commerciale standard.
La normativa prevede anche presunzioni specifiche basate sull'utilizzo dei servizi. Ad esempio, se un servizio è fornito tramite una linea fissa, si presume che il committente sia stabilito nel luogo in cui la linea è installata. Se il servizio è fornito tramite rete mobile, il prefisso nazionale della SIM card viene utilizzato per determinare il paese di stabilimento.
È anche importante sottolineare che ogni cambiamento successivo alla destinazione del servizio non influisce sulla determinazione iniziale del luogo di prestazione, a meno che non vi siano pratiche abusive. Questo principio assicura stabilità e chiarezza nel trattamento fiscale delle operazioni.
Dunque, per le imprese digitali è consigliabile avvalersi di consulenti fiscali e legali specializzati per ricevere assistenza sulle normative e sulle migliori pratiche di gestione della territorialità IVA. Questo aiuta a mantenere la conformità e a ottimizzare le operazioni fiscali, evitando possibili sanzioni.
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