Quando, lo scorso anno, ne era stata clamorosamente annunciata la nascita, il Liceo del Made in Italy era stato presentato come la pietra angolare di una vera e propria “rivoluzione culturale”, che avrebbe veicolato il futuro lavorativo dei giovani verso un’eccellenza tutta nazionale.
Era perciò sembrato un gran colpo messo a segno, per il Ministero dell’Istruzione e del Merito, che, già a partire dal prossimo anno scolastico 2024-25, quella formidabile novità potesse essere resa concreta.
L’occasione era infatti giunta con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 27 dicembre 2023, n. 206, recante “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy”, nella quale al tanto osannato Liceo del Made in Italy era stato dedicato un intero articolo (art. 18) composto da ben 6 commi!
Dunque, detto fatto: già il giorno dopo, il solerte Ministero si era premurato di diffondere una Nota (la n. 41318 del 28 dicembre 2023) con cui aveva annunciato l’avvio del nuovo percorso d’istruzione scolastico di cui, enfaticamente, aveva esaltato le finalità: ”Con il liceo del made in Italy si intende promuovere l'acquisizione da parte degli studenti degli strumenti necessari per la ricerca e per l'analisi degli scenari storico-geografici e artistico-culturali nonché della dimensione storica e dello sviluppo industriale ed economico dei settori produttivi del made in Italy.
Il nuovo percorso liceale consentirà agli studenti, tra l’altro, di sviluppare, sulla base della conoscenza dei significati, dei metodi e delle categorie interpretative che caratterizzano le scienze economiche e giuridiche, competenze imprenditoriali idonee alla promozione e alla valorizzazione degli specifici settori produttivi del made in Italy.”
Messa così, la presentazione era stata decisamente d’effetto. Peccato però che, già da una seconda e più attenta lettura della stessa nota, erano apparse le prime incertezze, le nebulosità, i difetti della nuova creatura fantastica, a cominciare dall’assenza (a tutt’oggi) del Regolamento che, entro tre mesi dalla pubblicazione in G.U. della Legge che l’aveva partorita, avrebbe dovuto emanarsi per definire il “quadro orario degli insegnamenti e degli specifici risultati di apprendimento” del nuovo percorso di studi, in considerazione di specifici criteri1.
Il nuovo Liceo nasceva dunque “amputato”, sommariamente disciplinato dalla previsione contenuta in un solo comma (il quinto) del citato art. 18 che, nelle more dell’elaborazione del predetto Regolamento, prevedeva, lacunosamente, il quadro orario per il solo biennio (Allegato A), indicando altresì che il nuovo indirizzo made in Italy potesse essere avviato soltanto nelle istituzioni scolastiche che già erogassero l'opzione economico-sociale del percorso del liceo delle scienze umane. Come chiosa finale, la norma inseriva la consueta formula dell’invarianza finanziaria, per cui il varo del nuovo percorso implicava il presupposto che non comportasse nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Era apparsa subito chiara, dunque, una gattopardiana evidenza: cambiare tutto per non cambiare niente, giacché, di fatto, il Liceo del made in Italy risultava essere soltanto il nome modificato di qualcosa di già esistente - l’indirizzo Economico-Sociale del Liceo delle Scienze umane – al cui programma veniva solo aggiunta qualche ora di storia dell’arte al biennio ed incrementato il numero di quelle di diritto ed economia.
Ma non è tutto: a rendere ancor più evidente la “mistificazione”, la Nota ministeriale chiariva che, proprio per garantire il rispetto delle clausole di invarianza finanziaria previste dalla legge, l’attivazione delle prime classi del liceo del made in Italy “deve prevedere la rinuncia da parte dell’istituzione scolastica all’attivazione di un numero corrispondente di classi prime del Liceo delle scienze umane – opzione economico-sociale.” Quindi l’alternativa sarebbe stata: scegliere di “sostituire tale percorso liceale con il nuovo indirizzo di studi del liceo del made in Italy” oppure “scegliere di mantenere entrambi i percorsi, ma per un numero complessivo di classi prime non superiore a quello delle classi prime funzionanti nel corrente anno scolastico.”
Il gioco delle tre carte, insomma. Ed evidentemente si è fatto presto a capirlo, dal momento che, scaduto il temine delle iscrizioni per il nuovo anno scolastico, il risultato è stato che, su un totale di 92 istituzioni scolastiche italiane che avevano chiesto l’attivazione del “Liceo del Made in Italy”, il numero complessivo degli iscritti è risultato essere di 375.
Del resto, come dar torto a genitori che prendono le distanze da un percorso di studi di cui si conosce solo l’affascinante nome ma che manca poi di una dettagliata descrizione - anche dei piani di studi -, non chiarisce efficacemente quali maggiori competenze gli studenti dovrebbero sviluppare rispetto a indirizzi già esistenti e validamente funzionanti (tanto da riproporne quasi per “copia incolla” il quadro orario) né prevede il reclutamento di nuove figure professionali?
La questione, in fondo, è sempre la stessa: non si può pensare di compiere alcuna valida riforma se manca la disponibilità ad investire.
Come recita efficacemente un antico motto latino, "Sine pecunia ne cantantur missae".
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1quali: acquisizione, da parte degli studenti, di conoscenze, abilità e competenze approfondite nelle scienze economiche e giuridiche, da intersecare con quelle matematiche, fisiche e naturali; sviluppo di competenze imprenditoriali idonee alla promozione e alla valorizzazione degli specifici settori produttivi del made in Italy; acquisizione di strumenti necessari per la ricerca e per l'analisi degli scenari storico-geografici e artistico-culturali nonché della dimensione storica e dello sviluppo industriale ed economico dei settori produttivi del made in Italy; acquisizione di strutture e competenze comunicative in due lingue straniere moderne di livello B1 e B2; previsione di misure di supporto allo sviluppo di processi di internazionalizzazione; rafforzamento di percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento attraverso la connessione con i percorsi formativi degli ITS Academy e con il tessuto socio-economico produttivo di riferimento, favorendo la laboratorialita', l'innovazione e l'apporto formativo delle imprese e degli enti del territorio; acquisizione e approfondimento, con progressiva specializzazione, delle competenze, abilità e conoscenze connesse ai settori produttivi del made in Italy, anche in funzione di un qualificato inserimento nel mondo del lavoro e delle professioni, attraverso il potenziamento dei percorsi di apprendistato; acquisizione di specifiche competenze, abilità e conoscenze riguardanti: principi e strumenti per la gestione d'impresa e tecniche e strategie di mercato per le imprese del made in Italy, strumenti per il supporto e lo sviluppo dei processi produttivi e organizzativi delle imprese del made in Italy nonché per il supporto alla loro internalizzazione.