Nell’attesa di scoprire il destino della Rottamazione Quinquies o la riapertura dei termini per la Quater, si prospettano tempi duri per chi ha dei debiti verso l’Agenzia delle Entrate.
Con l’inizio del nuovo anno, sono scattate una serie di regole stringenti che aumentano le possibilità di far scattare in automatico pignoramenti che hanno la possibilità di attaccare tutto l’attaccabile, compresa la pensione. I debiti, in pratica, fanno scattare l’esecuzione forzata per permettere il recupero delle somme attraverso un piano di rientro. Nel caso della pensione si tratta di un “pignoramento verso terzi”, che grazie all’art. 543 del Codice di Procedura Civile consente al creditore di aggredire beni gestiti da un terzo soggetto (l’Inps, in questo caso), prima ancora che questi siano nella disponibilità del creditore.
Per fortuna, esiste una clausola di salvaguardia che impedisce di pignorare l’intero importo della pensione, garantendo un “minimo vitale”, pari a due volte l’assegno sociale, e in più conviene anche sapere che non tutte le pensioni sono aggredibili, lasciando intatte quelle di invalidità civile, l’indennità di accompagnamento e l’assegno sociale. Ma la norma non vale per quelle di reversibilità.
“Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”, recita la norma, che permette di calcolare la soglia non aggredibile, equivalente al doppio dell’importo dell’assegno sociale aggiornato al 2024. Quest’anno, considerando che lo stesso è pari a 534,41 euro, la soglia di pensione non pignorabile ammonta a 1.068,82 euro. Al contrario, di ciò che resta della pensione può essere pignorato un quinto.
Le regole cambiano per i non pensionati che hanno arretrati col Fisco, in particolare per alcune imposte non pagate che fanno scattare tempistiche di pignoramento assai ridotte rispetto al passato. Le nuove norme, che riguardano l’imposta di registro, l’imposta di successione, la restituzione di agevolazioni non spettanti, i crediti d’imposta indebitamente utilizzati, oltre a Irpef, Iva, Imu, Tari, Tosap e imposta sulla pubblicità, consentono all’Agenzia delle Entrate di snellire le procedure per recuperare le somme mancanti, senza più l’obbligo di inviare la cartella esattoriale prima di procedere al pignoramento. Per agire sarà sufficiente l’accertamento esecutivo entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, senza che l’Agenzia sia obbligata a dare ulteriore comunicazione.
E le buone notizie – si fa per dire – non finiscono qui, perché la stessa rapidità dei meccanismi di pignoramento sta per essere concessa anche agli enti locali. Questo permetterà ai Comuni di avviare azioni esecutive entro 60 giorni per mancato pagamento di Imu e Tari, e non più 180 com’era prima.
Ma se avere debiti con il Fisco è diventato complicato, un salvagente esiste: la possibilità di richiedere una rateizzazione del debito all’Agenzia delle Entrate: sarà sufficiente pagare la prima rata per sospendere in automatico le conseguenze più pesanti, come il pignoramento o il fermo amministrativo di un veicolo.
Ed è forse ancora presto per parlarne, ma altre novità sono in arrivo nel 2026: ad esempio l’obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni e le società a partecipazione pubblica di verificare, per stipendi e pensioni superiori a 2.500 euro, l’esistenza di eventuali debiti fiscali non pagati superiori a 5.000 euro.