8 ottobre 2018

Accertamento allo straniero. Non è prevista la traduzione

Autore: Paola Mauro
Ai fini della validità dell’avviso di accertamento notificato al cittadino straniero in Italia, l’Ufficio non deve attivarsi per la traduzione, poiché spetta al destinatario dell’atto rivolgersi a un interprete - anche per gli atti consequenziali - e sostenere le relative spese.

È quanto si ricava dalla lettura della Sentenza n. 1847/10/18 della Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia.

Un cittadino cinese ha proposto ricorso avverso l'avviso di accertamento a fini IVA, IRPEF, IRAP per l'anno 2003, emesso dall’Agenzia delle Entrate sulla scorta del verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza.

Il primo Giudice, rigettata preliminarmente l’eccezione di nullità dell'avviso per asserita nullità della notifica, per mancata traduzione dell'atto, per carenza di motivazione e per difetto di sottoscrizione, motivava il rigetto nel merito con il rilievo che il ricorrente non aveva evidenziato nel pvc particolari condizioni commerciali poste in essere nel corso dell'attività (sconti, promozioni, ecc).

Avverso tale decisione il contribuente proponeva appello deducendo, fra l’altro:
  • la nullità dell'avviso per mancata previa nomina di un interprete e per mancata traduzione dell'atto;
  • la nullità della notifica dell'avviso di accertamento per inosservanza degli adempimenti imposti dagli artt. 139 e 140 c.p.c.;
  • il difetto di motivazione e la parzialità della valutazione, non avendo i verificatori tenuto conto degli sconti praticati e delle vendite promozionali.

Ebbene, nessuna di queste censure ha colto nel segno. Infatti, il verdetto pro-fisco pronunciato dal primo Giudice è stato integralmente confermato dalla C.T.R. per la Sicilia.

In particolare, quanto al primo motivo d’appello, la C.T.R. ha evidenziato «che non sussiste nel nostro sistema un principio di presunzione di ignoranza della lingua italiana in capo agli stranieri i quali, rispetto agli atti stragiudiziali (quale è la verifica fiscale ed il successivo avviso), hanno facoltà - a proprie spese, ovviamente - di farsi assistere da un interprete e farsi tradurre i relativi atti conseguenziali. Solo nell'ambito del processo civile l’art. 122 c.p.c., che prescrive l'uso della lingua italiana in tutto il processo, prevede che “quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana, il giudice può nominare un interprete”».

Quanto al dedotto vizio riguardante la motivazione, la C.T.R. ha evidenziato che la motivazione per relationem rispetto a un verbale di constatazione notificato o semplicemente consegnato al contribuente è pacificamente legittima (ex multis: Cass. n. 9323/2017 e n 31039/2017). Infatti la consegna del pvc è equipollente alla notificazione, in quanto idonea a soddisfare l'esigenza di certezza, stante la medesima efficacia di piena conoscenza dell'atto da parte dell'interessato (Cass. n. 14366/2011) per cui non sussiste l'obbligo di allegazione qualora l'atto sia comunque conosciuto dal contribuente (Cass. n. 11722/2010).

La C.T.R. ha aggiunto che nel caso di specie il verbale di constatazione dà piena contezza del metodo analitico induttivo applicato per la determinazione del volume d'affari. I verificatori sono pervenuti alla quantificazione dei ricavi effettivamente realizzati dal contribuente, muovendo dalla disponibilità della merce destinata alla rivendita, analiticamente determinata sulla base delle risultanze contabili, e «hanno operato un raffronto tra le fatture d'acquisto e quelle di vendita dei diversi prodotti commercializzati, tenendo conto del ricarico unitario degli stessi e di quello ponderato. A fronte di tale corretta metodologia, il ricorrente si è limitato a prospettare vendite promozionali e sconti, di cui però non ha fornito, né in sede di verifica, né tantomeno in sede giudiziaria, prova alcuna».

In definitiva, il Collegio siciliano ha rigettato l’appello proposto dal contribuente e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali.
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