Trattamento fiscale dei proventi derivanti da diritti patrimoniali rafforzati (principio di diritto n. 3)
La mancata integrazione da parte degli amministratori di società della percentuale di investimento minimo dell’1% di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (ai fini della qualificazione come redditi di capitale dei proventi da essi percepiti, derivanti da diritti patrimoniali rafforzati) dovuta alla presenza nel Regolamento di un fondo di una clausola, non modificabile né integrabile, che pone dei limiti massimi all’investimento, non esclude la necessità di un inquadramento reddituale di tali proventi, da analizzare alla luce delle previsioni regolamentari e della documentazione prodotta.
Incentivi fiscali all’investimento in PMI innovative (principio di diritto n. 4)
L’articolo 27 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221 prevede un regime di esenzione fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente derivante dall’assegnazione di strumenti finanziari (o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l’attribuzione di strumenti finanziari) nonché dall’esercizio di diritti di opzione attribuiti per l’acquisto di strumenti finanziari emessi dalle start up innovative e/o dagli incubatori certificati.
Il comma 1 della citata disposizione circoscrive l’applicazione dell’incentivo al “reddito di lavoro derivante dall’assegnazione, da parte delle start-up innovative…e degli incubatori certificati…ai propri amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi (…)”. La circolare n. 16/E del 2014, par. 3.1.2 annovera tra i beneficiari dell’incentivo gli “amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi” delle start-up innovative e degli incubatori certificati, come individuati dal comma 1 della norma richiamata.
Detto vincolo soggettivo, oltre a risultare chiaramente dalla formulazione letterale della disposizione, sembra evincersi dalla lettura degli atti parlamentari correlati all’entrata in vigore del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (cfr. relazione illustrativa all’articolo 27 e RT al ddl. di conversione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, A.S. 3533; nota di lettura del servizio bilancio del Senato, novembre 2012, n. 141) e riflette la filosofia posta alla base dell’intero provvedimento di cui al d.l. n. 179 del 2012, che è quella di favorire “la nascita e lo sviluppo di imprese start-up innovative”, fornendo alle “start up innovative e agli incubatori certificati il necessario strumento per favorire la fidelizzazione e l’incentivazione del management” (cfr. relazione al ddl di conversione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, A.S. 3533).
La medesima filosofia ispira l’estensione disposta dal d.l. n. 3 del 2015 alle PMI innovative (di alcune) delle misure agevolative già riconosciute alle start up innovative, alle quali sono applicabili, mutatis mutandi, gli stessi principi.
Ne consegue che, nell’ipotesi in cui l’offerta nel 2018 di stock option emesse da una PMI innovativa iscritta nell’apposito registro nel 2017, venga effettuata non in favore di un proprio dipendente, ma di un dipendente della società controllata dalla PMI innovativa, la mancanza di un rapporto di lavoro tra il lavoratore e la PMI innovativa rende inapplicabile l’agevolazione in argomento, con la conseguente rilevanza fiscale - nel periodo di imposta di esercizio del diritto di opzione – del reddito di lavoro dipendente derivante dalla differenza tra il valore delle stock option alla data di esercizio del diritto ed il prezzo corrisposto dal dipendente.
Trattamento fiscale dei proventi derivanti da strumenti finanziari riservati da una Società in sottoscrizione ai managers (principio di diritto n. 5)
Nei casi di investimenti aventi ad oggetto partecipazioni societarie effettuati dai managers di una Società, il rispetto del requisito dell’investimento minimo dell’1% di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 richiede per espressa previsione normativa - ai fini della presunzione legale di qualificazione come redditi di capitale dei proventi percepiti dai managers, derivanti da diritti patrimoniali rafforzati - “un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento…del patrimonio netto nel caso di società (…)”, patrimonio netto da computarsi a valori correnti determinabili sulla base di apposite perizie di stima (cfr. circolare n. 25/E del 2017, par. 3, lett. b).
Stante il chiaro tenore letterale della disposizione, non è condivisibile la tesi volta a circoscrivere la base di commisurazione dell’investimento minimo dei managers al solo capitale investito dalla Società partecipata nelle partecipazioni di società di un particolare settore (ad es., settore tecnologico e digitale) anziché all’intero patrimonio netto corrente della medesima Società. La destinazione dell’attività di investimento allo specifico settore tecnologico e digitale non muta la base di commisurazione dell’investimento minimo né riduce il valore del patrimonio netto da confrontare con il valore dell’investimento dei managers.
Per ciò che concerne l’integrazione del requisito di cui alla lett. b) del comma 1 dell’articolo 60 del D.l. n. 50 del 2017 (postergazione dell’extrarendimento), la distribuzione dell’extrarendimento è subordinata dalla lettera della norma all’effettivo rimborso agli altri investitori del capitale investito unitamente ad un rendimento minimo (c.d. hurdle rate). La norma stabilisce che i proventi “maturano solo dopo che tutti i soci…abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto (…)”. Il riferimento alla ‘percezione’ contenuto nella lettera della disposizione induce a ritenere non sufficiente la maturazione dell’hurdle rate per l’integrazione del requisito, ma a considerare necessaria l’erogazione agli altri investitori (inclusi i manager detentori di azioni ordinarie) del capitale investito - sia pur riferito ad uno specifico investimento, in forza delle precisazioni contenute nella circolare e supra richiamate (cfr. cfr. circ. n. 25/E del 2017, cap. 3, lett. b) - e del rendimento minimo (hurdle rate), costituendo la distribuzione differita del carried interest condizione di accesso alla presunzione legale di qualificazione del reddito.
Trattamento fiscale dell’utilizzo cumulato dei buoni oltre il limite di otto (principio di diritto n. 6)
Il divieto di cumulo oltre il limite di otto buoni pasto previsto dalla lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto ministeriale 7 giugno 2017 n. 122, non incide, ai fini IRPEF, sui limiti di esenzione dal reddito di lavoro dipendente – rispettivamente di 5,29 euro e 7 euro giornalieri per i buoni pasto elettronici – previsti dall’articolo 51 comma 2 lett. c) del TUIR.
Invero, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente (ed assimilato) delle prestazioni sostitutive di mensa aziendale erogate sotto forma di buoni pasto opera nei limiti stabiliti dal citato articolo 51 a prescindere dal numero di buoni utilizzati. Il datore di lavoro sarà tenuto di conseguenza alla verifica di detti limiti di esenzione rispetto al valore nominale dei buoni erogati.
Indennità risarcitorie corrisposte nell’ambito di accordi transattivi (principio di diritto n. 7)
Con riferimento alla rilevanza reddituale, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), degli indennizzi corrisposti per effetto di accordi transattivi, qualora la determinazione del danno patrimoniale accordato in via transattiva avvenga sulla base della differenza tra il costo di acquisto delle partecipazioni, anche a seguito di operazioni di conversione di prestiti obbligazionari, e il prezzo della relativa vendita e, dunque, pari alla minusvalenza realizzata su dette azioni, detto importo assume rilevanza ai fini IRES in quanto rettifica del costo di acquisto originario, cui consegue la pari riduzione delle minusvalenze da utilizzare in compensazione in sede di dichiarazione dei redditi.
Dichiarazione e certificazioni dei sostituti d'imposta (principio di diritto n. 8)
Una società estera, senza stabile organizzazione, proprietaria di alcuni immobili in Italia, conferisce l’incarico ad alcuni professionisti per lo svolgimento di prestazioni tecniche relative aa lavori di ristrutturazione degli stessi.
Posto che a fronte delle diverse prestazioni rese, la società ha applicato la ritenuta d’acconto del 20% sui compensi corrisposti ai professionisti provvedendo al successivo versamento della stessa, viene chiesto se la stessa sia tenuta anche alla presentazione della Dichiarazione dei Sostituti d’Imposta e degli Intermediari per ciascuna annualità di riferimento.
Al riguardo, si precisa che la predetta società estera, rientrando tra i soggetti di cui all’articolo 23, comma 1, d.P.R. 29 settembre, n. 600, ha legittimamente operato le ritenute sui corrispettivi pagati per le prestazioni ricevute da professionisti residenti e, pertanto, è tenuto, ai sensi dell’articolo 4 del d.P.R. n. 322 del 1998, ad attestare l’ammontare delle somme corrisposte, delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali ed assistenziali e gli altri dati previsti dalla normativa mediante il rilascio della apposita Certificazione Unica di cui al comma 6-ter e secondo le previsioni contenute nei successivi commi del medesimo articolo 4. Il mancato rispetto di tali adempimenti è espressamente sanzionato ai sensi del comma 6-quinquies.