31 dicembre 2018

Ambienti sospetti o confinati: le previsioni del DPR 177/2011

Autore: Ketti Fisichella
Il Decreto Presidenziale 177 del 2011 contiene il Regolamento per la sicurezza negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati e ne disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi destinati ad operare in questo settore. Per spazio confinato si intende un qualsiasi ambiente limitato, in cui il pericolo di morte o di infortunio grave risulta molto elevato a causa della presenza di sostanze o condizioni di pericolo.
Il Decreto è rivolto sia alle imprese che operano direttamente, sia a quelle che esternalizzano tali attività e si applica a “chiunque svolga attività lavorativa nel settore degli ambienti confinati (compresi gli appaltatori)”.

L'art. 2, comma 1, dello stesso decreto, impone che qualsiasi attività lavorativa resa in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, debba essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati ed in particolare in possesso di determinati requisiti, quali:
  • integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • presenza di personale esperto, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale in attività in ambienti confinati (30% da intendersi riferito alla forza impiegata in quella specifica unità produttiva), con la necessità che il preposto che sovrintende sul gruppo di lavoro abbia in ogni caso tale esperienza;
  • avvenuta effettuazione di attività di informazione, formazione e addestramento di tutto il personale, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività;
  • possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature;
  • integrale rispetto degli obblighi in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) e relativi alla parte economica e normativa della contrattazione di settore, compreso il versamento dell’eventuale contributo all’ente bilaterale di riferimento;
  • applicazione delle regole della qualificazione non solo nei riguardi dell’impresa appaltatrice, ma nei confronti di qualunque soggetto della “filiera”, incluse le eventuali imprese subappaltatici.

In merito al ricorso al subappalto, lo stesso art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 177/2011, prevede che "in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate". Pertanto, la certificazione dei contratti di lavoro prevista assume una valenza obbligatoria e non facoltativa in quanto si vuole evitare, sulla scorta dei gravi incidenti avvenuti in passato, l’utilizzo di personale non specializzato in attività ad alto rischio di infortuni. E' evidente pertanto che la finalità della norma è quella di assicurare che le aziende operino in sicurezza e con personale specializzato ed in possesso dei requisiti tecnico/professionali adeguati ai possibili rischi di queste tipologie di attività.

Le Commissioni di Certificazione, preposte e autorizzate, sono quelle previste esplicitamente dall’art. 76 del D.Lgs. 276/2003 e quindi quelle istituite presso: gli Enti bilaterali costituiti in ambito territoriale; le Università pubbliche e private; le Direzioni Provinciali del Lavoro e le Province; il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro (esclusivamente nei casi in cui il datore abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due Province anche di regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla Commissione di Certificazione istituita presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito delle risorse umane e strumentali già operanti presso la Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro) e per ultimo, ma non di minor importanza, quelle istituite presso i Consigli Provinciali dei Consulenti del Lavoro di cui alla L. 11 gennaio 1979, n. 12, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell’ambito territoriale di riferimento e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La certificazione pertanto, secondo il citato D.P.R., diviene condizione indispensabile per poter operare in questo delicato settore; la “ratio” della norma, sul punto, è piuttosto chiara: è obbligatoria la certificazione in tutti i casi di esternalizzazione dell’attività produttiva, ivi comprese quelle ove sussistano i cosiddetti “rischi interferenziali”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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