2 luglio 2019

ASD: le prestazioni di pubblicità forfettizzata al 50%

Autore: Redazione Fiscal Focus
Il trattamento fiscale delle prestazioni di pubblicità effettuate dalle ASD ha formato oggetto della recente sentenza n. 75 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo lo scorso 9 gennaio 2019. La controversia ha origine da un processo verbale di constatazione redatto da funzionari della SIAE, in seguito al quale l’Agenzia delle entrate di Bergamo emetteva nei confronti della Associazione S.D., per gli anni d’imposta 2013 e 2014, due avvisi di accertamento, con i quali recuperava a tassazione una maggiore Iva, pari al 50% su contratti che l’ufficio riteneva essere di sponsorizzazione (e quindi con IVA a credito pari al 10% di quella esposta in fattura), ma sui quali l’associazione sportiva dilettantistica, al contrario, avendoli ritenuti di pubblicità, aveva operato la maggiore detrazione in misura del 50%, in ossequio al combinato disposto dell’art. 2 della Legge n. 398/1991 e art. 74, comma 6, D.P.R. n. 633/1997. Alla luce di ciò, a parere dell’Agenzia l’associazione aveva operato una indebita detrazione di IVA del 50%, in quanto afferenti, a ben vedere, a proventi derivanti non da pubblicità (che avrebbe legittimato tale trattamento fiscale), ma da sponsorizzazioni, per le quali la deduzione era invece del 10%. Avverso i citati avvisi l’ASD ricorreva in giudizio, eccependo, tra gli altri, il fatto che le prestazioni oggetto di rilievo erano effettivamente di pubblicità e non di sponsorizzazione come ipotizzato dall’ufficio.

La distinzione tra spese di pubblicità e sponsorizzazione
Si ricorda che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, costituiscono spese di rappresentanza, nel cui ambito rientrano di regola le spese per sponsorizzazioni, quelle effettuate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne la possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti prevalentemente alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque all’attività svolta per ottenere un incremento delle vendite. Il criterio distintivo va dunque individuato nella diversità anche strategica degli obiettivi che, per le spese di rappresentanza, possono farsi coincidere con la crescita di immagine e di maggior prestigio, nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società, mentre per le spese di pubblicità e propaganda esso consiste, di regola, in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale.

Ciò posto, i giudici di merito nel decidere la controversia sottoposta al loro vaglio rammentano che, in tema di pubblicità e sponsorizzazioni, l’art. 90, comma 8, Legge n. 289 del 2002, stabilisce che “il corrispettivo in danaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuti dalle federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a Euro 200.000, spesa per pubblicità, volto alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario […]”.

La decisione della CTP
Alla luce di tale norma, come ricordato dalla corte di merito adita, la Corte di Cassazione in precedenti sentenze (cfr. sul punto Cass. Sent. n. 5720/2016) aveva osservato che tali tipologie di spese erano da qualificare ex lege come pubblicitarie al sussistere delle seguenti condizioni:

a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica;
b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa;
c) il soggetto sponsorizzato abbia posto in essere una specifica attività promozionale (es. apposizione del marchio sulle divise, esibizione di striscioni e/o tabelloni sul campo da gioco, etc.)


Ebbene, nel caso sottoposto al vaglio dei giudici bergamaschi dall’esame della documentazione prodotta in atti risultava che le clausole negoziali apposte nei contratti stipulati con la ASD evidenziano in modo inequivoco la finalità promozionale del nome e del marchio delle società pubblicizzate posta in essere attraverso le prestazioni fornite dalla ricorrente, in quanto l’ASD aveva concesso alle società l’uso di spazi pubblicitari ove si svolgevano le manifestazioni sportive, aveva permesso l’applicazione di manifesti pubblicitari sulle auto che partecipavano alle gare e aveva consentito di inserire sul proprio sito internet un banner pubblicitario delle ditte sponsorizzate.

Alla luce di ciò, la Ctp accoglieva il ricorso ammettendo l’ASD a godere della forfettizzazione dell’IVA a credito pari al 50% di quella esposta in fattura.
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