L’assegno periodico per il mantenimento dell’ex coniuge è interamente deducibile. La disposizione di cui all’art. 3 d.P.R. n. 42/1988 non opera quando nella sentenza di separazione non si fa alcun riferimento al fatto che l’importo dell’assegno è destinato «anche» al mantenimento della prole.
È quanto emerge dalla
sentenza n. 342/02/18 della Commissione Tributaria Regionale di Roma.
La controversia nasce da una cartella di pagamento con cui l’Agenzia delle Entrate intendeva recuperare le deduzioni operate dal contribuente in relazione all'assegno di mantenimento corrisposto al coniuge per effetto della separazione legale.
L'Agenzia fiscale ha resistito in giudizio sostenendo, in via principale, l’indeducibilità dell’assegno in questione, perché non versato mensilmente ma in un’unica soluzione. In subordine, ha sostenuto il diritto a recuperare la metà degli importi dedotti, in applicazione della disposizione recata dall'articolo 3, primo comma, del d.P.R. n. 42/1988, secondo cui:
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«[…] gli assegni corrisposti al coniuge anche per il mantenimento dei figli si considerano destinati al mantenimento di questi ultimi per metà del loro ammontare se dal provvedimento dell'autorità giudiziari non risulta una diversa ripartizione».
Ebbene, la Commissione di primo grado ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente, rideterminando le deduzioni in 4.800 euro (euro 400 al mese) invece di euro 5.800; e tale statuizione ha trovato conferma presso la CTR del Lazio alla luce delle considerazioni che seguono.
Scrivono i giudici di secondo grado:
«[…] L'Appellante afferma l'indeducibilità dell'assegno di mantenimento perché non effettuato mensilmente ma in una unica soluzione. Ritiene che vadano comunque esclusi dagli assegni periodici al coniuge quelli relativi al mantenimento del figlio. Dal momento che la sentenza di separazione non distingue la quota per l'assegno periodico al coniuge da quella per il mantenimento del figlio, l'assegno va considerato destinato al coniuge per metà del suo ammontare. Pertanto sarebbe deducibile solo l'importo di euro 2.400,00 annuali. Il contribuente chiede il rigetto dell'appello. […] L’appello non è meritevole di accoglimento. La dichiarazione della moglie che indica complessivamente quanto ricevuto dal marito nell'anno non prova in alcun modo che tale assegno non sia stato corrisposto mensilmente. Inoltre va osservato che nella sentenza di separazione viene indicata la cifra di euro 400,00 mensili quali assegni periodici spettanti alla moglie e non si specifica in alcun modo che tale importo comprenda anche le spese di sostentamento del figlio, che tra l'altro nell'anno d'imposta 2007 era già diventato maggiorenne. L'art. 3 comma 1 del DPR 42/1988 prevede la metà dell'ammontare degli assegni corrisposti al coniuge “anche per il mantenimento” dei figli, qualora non sia indicata una ripartizione, mentre nella fattispecie la sentenza di separazione indica gli assegni periodici al coniuge senza specificare che siano destinati anche al mantenimento del figlio. Nella sentenza sono pertanto indicati soltanto gli assegni periodici previsti dall'art. 10 comma 1 lettera c) del D.P.R. 917/86 a favore del coniuge».
Quest’ultima norma dispone:
«Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente: […] c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria».
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio respinge, in conclusione, l'appello dell'Agenzia delle Entrate.
Le spese del giudizio sono state compensate.