7 novembre 2018

Cedolare secca locali commerciali con limiti oggettivi e temporali

Autore: Pasquale Pirone
“Il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 mq, escluse le pertinenze, e relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con aliquota del 21 per cento. Tale regime non è applicale ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora al 15 ottobre 2018 risulti già in essere un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale”.

È questo il tenore letterale della previsione normativa contenuta nella bozza delle Legge di Bilancio 2019 che, dopo la bocciatura ricevuta dalla Commissione UE, è approdata in Parlamento a metà di questa settimana.

Dunque, possibilità di optare per la tassazione sostitutiva anche per il canone di locazione riferito a contratti di affitto aventi ad oggetto locali commerciali, anche se, come si evince dalla citata disposizione, con una doppia limitazione di cui una “oggettiva” e l’altra “temporale”.

La cedolare - Si ricorda che, fino ad oggi, la possibilità di optare per il regime in commento, è previsto per le sole unità abitative (dunque, categorie catastali da A1 ad A11, con esclusione di quella A10). Il regime si applica anche alle relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione, oppure con contratto separato e successivo rispetto a quello relativo all’immobile abitativo, a condizione che il rapporto di locazione intercorra tra le medesime parti contrattuali, nel contratto di locazione della pertinenza si faccia riferimento al quello di locazione dell’immobile abitativo e sia evidenziata la sussistenza del vincolo pertinenziale con l’unità abitativa già locata.

L’opzione è effettuata in sede di registrazione del contratto o anche successivamente alla scadenza delle annualità. La scelta implica per il locatore la rinuncia a chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente. L’efficacia dell’opzione è subordinata alla comunicazione da parte del locatore al conduttore (con lettera raccomandata) della citata rinuncia. Tuttavia, la raccomandata non si rende necessaria qualora ciò sia già specificato nel contratto di locazione stipulato tra le parti. Se i locatori sono più di uno, è necessario effettuare l’opzione separatamente (è possibile, quindi, che un locatore opti per la cedolare e l’altro no).
Applicare la cedolare significa pagare sul canone un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e relative addizionali. L’imposta dovuta (che si paga con lo stesso meccanismo dell’IRPEF e secondo le stesse scadenze) prevede l’applicazione di un’aliquota del 21%, ridotta al 10% per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate: nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia. L’aliquota del 10% si applica anche ai contratti a canone concordato riferito ad abitazioni situate nei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe). Inoltre, optando per la cedolare, non sono dovute nemmeno le ordinarie imposte di registro e bollo previste dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe (l’esenzione non vale invece in caso di cessione del contratto).

La misura estensiva – Per i contratti di locazione stipulati dal 2019, se confermata nella versione definitiva, la misura contenuta nella manovra di bilancio del prossimo anno, quindi, permetterà l’applicazione della cedolare anche per i locali commerciali finora esclusi. Tuttavia, a quanto pare, il legislatore pone rilevanti limiti alla scelta. In primo luogo la norma dice che la scelta potrà avere “ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 mq, escluse le pertinenze, e relative pertinenze locate congiuntamente”. Dunque, sta significando che la cedolare potrà essere scelta solo con riferimento a negozi (con superficie massima di 600 mq, senza conteggiare quella relativa alle pertinenze) e relative pertinenze locate congiuntamente al negozio stesso (non sarà possibile optare per la cedolare, dunque, se oggetto della locazione fosse solo la pertinenza). Sarebbero, invece, escluse le categorie di immobili c.d. “strumentali”. Altresì esclusi sarebbero quelli di categoria catastale A10. Potrebbe, quindi, optare per la cedolare il proprietario di immobile classificato nella categoria catastale C/1 (Negozi e botteghe) e la relativa pertinenza C/2 (magazzini e locali di deposito). In tal caso, però, se si vuole optare per la cedolare anche per la pertinenza, questa deve essere locata congiuntamente al C/1 (si dovrebbe, tuttavia, far chiarezza se il limite di 600 mq riguardi anche le pertinenze. Si pensi al caso in cui il C/1 è di 500 mq e la pertinenza di 700 mq). Non potrebbe, invece, optare per il regime il proprietario per un opificio (D/1) cosi come non potrà farlo il proprietario per un A/10 (Uffici e studi privati).

Essendo esclusi gli immobili strumentali, rimarrebbe fermo, dunque, anche che potranno scegliere la cedolare solo le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professione. In altre parole, non potrà optare per la cedolare, ad esempio, l’imprenditore che ha il negozio in cui svolge l’attività ed il relativo deposito entrambi di sua proprietà, e decide di fittare il deposito.

L’altro limite, come anticipato in premessa, è di natura “temporale”: il regime sarà applicabile ai nuovi contratti stipulati dal prossimo anno ma NON “ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora al 15 ottobre 2018 risulti già in essere un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale”. La finalità del legislatore, in tal caso, è certamente quella di evitare che, da qui a fine anno, ci sia una corsa alla risoluzione anticipata dei contratti in essere a quella data e soggetti a tassazione ordinaria (le parti del contratto sarebbero tentate, infatti, a sciogliere anticipatamente il contratto per stipularne uno nuovo, avente ad oggetto lo stesso immobile, al fine di godere della possibilità di optare per il regime in commento).

Infine, la norma fissa un’unica aliquota applicabile ossia quella del 21% e non anche quella ridotta del 10% che resterà, dunque, applicabile nel solo caso in cui oggetto della locazione siano unità abitative ubicate nei comuni citati in precedenza. Resteranno ferme anche le regole previste per l’efficacia della scelta, ossia rinuncia all’aumento del canone per tutta la durata dell’opzione e obbligo di darne comunicazione preventiva al conduttore.

Si attende, in ogni caso, la versione definitiva della manovra per capire se tutto, a parte di quanto esposto in questa sede, possa trovare conferme e smentite.
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