Lo spunto per questo intervento arriva dal quesito di un lettore: “Appurato che non si registra più per competenza ma per data di arrivo delle fatture, cosa faccio con le bollette e fatture ricevute datate 2018 ma di competenza 2017 per una ditta individuale che cessa al 31.12.2017?”.
Provando a ragionare su una domanda che apparentemente è semplice emergono spunti di riflessione interessanti.
Iniziamo a fissare un primo paletto: se la ditta è cessata al 31 dicembre 2017, non dovrebbero sussistere fatture ad essa intestate datate 2018. Il soggetto, da un punto di vista “IVA”, nel 2018 non esiste più. Peraltro, se tali fatture sono comunque state emesse, ci saranno anche problemi in sede di Comunicazione Dati delle Fatture Emesse del fornitore, che si vedrà arrivare una segnalazione di anomalia per emissione di fattura verso un soggetto ‘cessato alla data’.
Problema risolto quindi? No, affatto.
Supponendo anche che non si verifichi il caso che le fatture siano erroneamente datate 2018 (caso che tuttavia ben sappiamo verificarsi nella realtà quotidiana, eccome), anche nel caso in cui tutte le fatture siano correttamente datate entro il 31 dicembre 2017 sussistono problemi in capo alla ditta cessata.
Immaginiamo il caso di una fattura di acquisto di merce datata dicembre 2017, ma pervenuta nel 2018. Ora, seguendo testualmente gli articoli 19 e 25 del D.P.R. 633/72, così come novellati dal D.L. 50/2017, ed alla luce dei chiarimenti della Circolare 1/E/2018, sappiamo che per poter esercitare l’IVA occorre che sia rispettato oltre che il requisito sostanziale (operazione effettivamente realizzata), anche il requisito formale di annotazione sui libri IVA. Annotazione che, è stato chiarito, secondo i dettami della corretta tenuta della contabilità non può avvenire se non a partire dal momento in cui il documento viene materialmente in possesso del contribuente.
Ora, seguendo testualmente i dettami della norma, il nostro contribuente che ha cessato la partita IVA entro il 31 dicembre 2017, avrebbe dovuto preoccuparsi entro tale data di recuperare tutte le fatture di acquisto, per poterle annotare sul libro IVA acquisti entro la medesima data, posto che dal 1 gennaio 2018 non è più un soggetto IVA (peccato che tutto questo sia stato spiegato con la Circolare 1/E/2018, nove mesi “di gestazione” dopo il D.L. 50/2017). Quindi, il povero contribuente teoricamente non può (o meglio, ai sensi di legge non può) annotare la fattura nel registro 2017, poiché non l’aveva ricevuta, e nemmeno può annotarla nei registri 2018 con ripresa in dichiarazione IVA 2018 riferimento 2017, perché non ha registri IVA dato che ha cessato l’attività!
Ancora più complicato è l’aspetto reddituale. Se la fattura è datata 2017 ma non può essere annotata nei registri IVA perché è arrivata dopo il 31 dicembre, come si fa con il criterio di cassa? Se si è scelto di utilizzare il registro incassi e pagamenti (o i libri IVA integrati) vale il criterio di cassa “reale”, e pertanto il costo sarebbe deducibile nell’anno di effettivo pagamento. Ma se la fattura è arrivata nel 2018, indipendentemente dalla data della stessa, difficilmente può essere stata pagata nel 2017. Ed anche se fosse, resta da capire in termini generali, valevoli per tutti – anche per i non cessati – se a questo punto il costo possa essere imputato (posto che il fornitore è stato pagato) anche se la fattura non è ancora stata registrata (e, nel nostro caso, non potrebbe esserlo mai).
Ancora peggio il caso in cui il contribuente avesse optato per l’articolo 18 comma 5 del D.P.R. 600/1973, ovvero secondo il criterio del “registrato uguale pagato”, detto altresì criterio di cassa virtuale. Secondo tale criterio si assume convenzionalmente quale data di pagamento quella di avvenuta registrazione del documento nei registri IVA, ma a sensi dell’articolo 25 del D.P.R. 633/72 la registrazione non può avvenire prima della ricezione del documento. Quindi, se la fattura è arrivata nel 2018, anche se datata 2017, non potrebbe essere annotata prima del 2018. Peccato che nel 2018 il soggetto non sia più imprenditore, e così addio non solo alla detrazione IVA ma anche alla deduzione del costo.
Questo guazzabuglio normativo risulta ancora più evidente nel caso - che in verità non dovrebbe verificarsi - in cui spese (che si sarebbero computate ai fini reddituali per competenza nel 2017), sono documentate da una fattura datata 2018. Caso tipico: le bollette delle utenze.
In questo caso, secondo le pregresse norme, l’IVA sarebbe andata persa comunque, perché è e resta impossibile contabilizzare ai fini IVA una fattura 2018 nel 2017. Ma se il costo fosse stato di competenza del 2017 (esempio consumi di energia del mese di dicembre), almeno da un punto di vista reddituale si sarebbe potuto procedere, anzi, si sarebbe dovuto procedere a ripresa per competenza.
Con la contabilità per cassa, invece, posto che il pagamento della nostra bolletta di esempio è avvenuto sicuramente nel 2018, il costo va perso. Infatti, secondo il criterio di cassa reale sarebbe un costo nell’anno di pagamento (2018), e secondo il criterio di cassa virtuale sarebbe un costo dell’anno di registrazione, che come abbiamo detto, posto che la bolletta è datata 2018, non può comunque avvenire nel 2017.
Coordinando il tutto, la conseguenza è che - qualunque sia la strada scelta - il costo deducibile nel 2017 secondo il criterio di competenza nel 2017, con il criterio di cassa (reale o virtuale) viene irrimediabilmente perso.
Riassumendo, se la fattura è datata 2017 ma ricevuta nel 2018 (e pagata in tale anno), solo tenendo un comportamento non corretto - ovvero ignorando le disposizioni dell’articolo 25 del D.P.R. 633/72 e registrandola nel 2017 - si rende formalmente possibile detrarre l’IVA (attenzione, si tratta però di detrazione indebita, perché non si è rispettato l’art. 25) e dedurre il costo, ma solo se si è optato per il registrato uguale pagato. Se vige, invece, il principio di cassa reale il costo viene comunque perso, visto che ipotizziamo un pagamento effettuato nel 2018.
Mentre nel caso di fattura datata 2018, seppure relativa ad operazione compiuta nel 2017, sia IVA che il costo sono irrimediabilmente perduti.
In conclusione, anche cessare una ditta in contabilità semplificata richiederà qualche riflessione in più rispetto al passato quanto alle tempistiche di chiusura, quasi a dover porre in essere una fase di “liquidazione fiscale” volta ad avere il tempo di annotare e pagare tutte le poste in sospeso prima di poter cessare la propria qualifica di imprenditore.