30 gennaio 2018

Concessione di bene demaniale o locazione di patrimonio disponibile

Alternatività tra registro e Iva in caso di trasformazione del rapporto di concessione

Autore: Giovambattista Palumbo
Anche in caso di successivo mutamento del rapporto da concessione di bene demaniale a locazione di bene del patrimonio disponibile, il diritto alla restituzione dell'imposta di registro, versata in dipendenza del contratto di concessione demaniale, va escluso, rilevando a tal fine il momento di registrazione dell'atto. Solo in caso di locazione di bene appartenente al patrimonio disponibile sussisteva infatti la soggezione ad Iva e dunque l’applicazione del principio di alternatività.

Il caso - La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 31125 del 29/12/2017, ha chiarito un aspetto particolarmente delicato in tema di alternatività Iva/registro in caso di concessione di bene demaniale o locazione di patrimonio disponibile.

Nel caso di specie la CTR respingeva l'appello della società contribuente avverso la sentenza della CTP, che aveva negato il diritto al rimborso dell'imposta di registro versata in dipendenza del rapporto di concessione, per la durata di 50 anni, di un'area demaniale ad uso del quartiere fieristico, successivamente mutato in rapporto di locazione, sottoposto ad Iva, avuto riguardo alle annualità di canone non fruite ed in forza del principio di alternatività tra Iva ed imposta di registro.

Rilevava, in particolare, la CTR che il preteso diritto alla restituzione dell'imposta - in tesi - indebitamente versata, in dipendenza del contratto di concessione dell'area demaniale, sottoposto all'imposta di registro, ai sensi dell'art. 5 della Tariffa, Parte I, D.P.R. n. 131 del 1986, andava escluso perché il momento rilevante, ai fini dell'imposizione, era quello della registrazione dell'atto, ed in quel momento non sussisteva alcuna alternatività tra imposta di registro ed Iva, quest'ultima dovuta, ai sensi dell'art. 43, lett. h), del D.P.R. citato, solo per i contratti diversi da quelli indicati nelle lettere precedenti della disposizione, aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, per i quali la base imponibile fosse costituita dall'ammontare dei corrispettivi in denaro pattuiti per l'intera durata del contratto, con possibilità di rimborso, ai sensi dell'art. 17, comma 3, D.P.R. citato, in caso di risoluzione anticipata.

Avverso la sentenza la società proponeva dunque ricorso per cassazione, deducendo, tra le altre, violazione di legge per avere la CTR ritenuto, assertivamente, che, nel caso di specie, ricorrevano due contratti distinti ed autonomi, aventi ad oggetto il medesimo immobile, dapprima, appartenente al demanio marittimo e, a decorrere dal 4/7/2003, al patrimonio disponibile del Comune, e che solo il secondo fosse sottoposto al pagamento dell'Iva al 20% sui corrispettivi corrisposti in favore del predetto Comune, laddove invece, secondo il ricorrente, si trattava pur sempre di un unico rapporto, essendo cambiata ope legis l'assegnazione del bene in ragione della sua mutata natura giuridica.

La società deduceva inoltre che la CTR aveva erroneamente ritenuto non applicabile al contratto di concessione demaniale il richiamato art. 17, comma 3, D.P.R. n. 131 del 1986, disposizione che non costituiva invece una norma eccezionale, applicabile solo alle locazioni e preclusa alle concessioni demaniali.

La decisione - Le censure, secondo la Corte, erano infondate.
La decisione del Giudice di appello, secondo i giudici di legittimità, era infatti correttamente motivata, in quanto si fondava sulla diversa qualificazione giuridica del rapporto di concessione di beni demaniali, finalizzato al perseguimento di interessi pubblici, rispetto al rapporto di locazione di beni appartenenti al patrimonio disponibile del Comune, finalizzato invece al perseguimento di un vantaggio economico, nonché sulla conseguente considerazione che i canoni concessori non costituiscono corrispettivi imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

E l'art. 17, comma 3, D.P.R. n. 131 del 1986, si riferiva solo alla fattispecie della locazione e sublocazione di immobili facenti parte del patrimonio disponibile.

Il fatto poi che il legislatore fosse intervenuto, nella materia de qua, con il D.L. n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 135 del 2012, art. 3, comma 16, il quale stabilisce che "Le previsioni di cui all'articolo 17, comma 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 si applicano alle concessioni di beni immobili appartenenti al demanio dello Stato, fermo restando quanto previsto dall'articolo 57, comma 7, del medesimo decreto", con una norma dunque di carattere innovativo e non interpretativo, costituiva, secondo la Corte, ulteriore argomento contrario alla tesi sostenuta dalla ricorrente circa l'estensibilità in via analogica di regole proprie di un diverso rapporto, quale quello di locazione.
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