Con la Risposta n. 109, pubblicata il 17 dicembre 2018, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla disapplicazione dell’articolo 172, comma 7, del TUIR (perdite delle società che partecipano alla fusione), in caso di patrimonio netto incapiente e test di vitalità rispettato.
Il quesito – Nell’istanza, in pratica, si chiede la disapplicazione delle limitazioni di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR, relativamente al riporto delle perdite fiscali, degli interessi passivi indeducibili e delle eccedenze di ACE, in merito ad un’operazione di fusione che interesserà tre società appartenenti al gruppo X, controllate direttamente (la Alfa S.p.A. e la Beta S.p.A.), o indirettamente (Gamma S.r.l.) da X S.p.A., a sua volta, direttamente controllata dalla società di diritto tedesco X GmbH.
Nel quesito è, altresì, specificato che, il fondo di private equity J, ha acquisito la società Alfa nel 2006 e la società Beta nel 2011. Nel 2013, dette società, venivano acquisite dal fondo lussemburghese Y che, nel novembre del 2017, le cedeva definitivamente a X (che le acquisiva per accrescere la sua presenza nel mercato italiano).
Inoltre, mediante la documentazione integrativa, l’istante ha precisato che, il gruppo X, in occasione della acquisizione di Alfa e Beta (e della controllata indiretta Gamma), ha quantificato il valore economico del patrimonio di ciascuna delle società partecipanti.
Dopo aver illustrato il programma di riorganizzazione del ramo italiano del gruppo X ed il progetto di fusione, è precisato anche che gli asset fiscali, relativi all’esercizio successivo, non vengono al momento rappresentati perché “la mancata effettuazione della fusione non consente l’individuazione di un periodo di retrodatazione fiscale”.
A seguito della fusione, in definitiva, l’istante, intende riportare gli asset fiscali sopra indicati, evidenziando che, avuto riguardo ai presupposti di deducibilità individuati dall’articolo 172, comma 7, del TUIR, non risulta rispettato per le società Alfa e Beta il test del patrimonio netto, mentre, risulterebbe rispettato il test di vitalità delle singole società, chiedendo di conseguenza la disapplicazione della disposizione citata.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate – Il Fisco precisa dapprima che, in ordine all’istanza in esame, fornisce parere positivo alla disapplicazione della normativa di contrasto alla compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali, di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR.
Ricordando quanto previsto, in materia di fusioni, dall’articolo 172, comma 7, del TUIR, l’Agenzia precisa, altresì, che lo stesso comma 7, estende l’applicazione del limite sopra indicato «agli interessi indeducibili oggetto di riporto in avanti di cui al comma 4 dell’articolo 96, nonché all’eccedenza relativa all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214».
La ratio delle limitazioni poste dall’articolo 172, comma 7, del TUIR, è di contrastare il c.d. commercio di “bare fiscali”, mediante la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva.
Un altro aspetto da tener presente, in virtù di quanto sottolinea l’Agenzia, è che la disposizione in esame richiede che la società, la cui perdita si vuole riportare, sia operativa, negando, in sostanza, il diritto del riporto delle perdite se non esiste più l’attività economica cui tali perdite si riferiscono (cfr. la Risoluzione n. 116/E del 24 ottobre 2006, la Risoluzione n. 143/E del 10 aprile 2008 e la citata Circolare n. 9/E del 2010).
Le Entrate specificano che “in un’ottica antielusiva, i requisiti minimi di vitalità economica debbono sussistere non solo nel periodo precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, così come si ricava dal dato letterale, bensì debbono continuare a permanere fino al momento in cui la fusione viene attuata” (cfr., tra l’altro, la citata Risoluzione n. 143/E del 2008).
Nel caso specifico, si osserva, innanzitutto che, a seguito dell’aggiornamento dei dati ritraibile della integrazione spontanea, è risultato che, la società Gamma, rispetta anche il limite del patrimonio netto e, pertanto, potrà riportare le proprie posizioni soggettive.
Il test di vitalità delle singole società partecipanti alla fusione, viene superato sulla base dei prospetti di conto economico riferiti fino al 30 settembre.
Nella fattispecie in esame - secondo l’Agenzia - i conferimenti non sembrano essere riconducibili all’intento elusivo di incrementare artatamente il patrimonio della società interessata, allo scopo di utilizzare in compensazione un maggior ammontare di perdite pregresse.
In considerazione anche della documentazione inviata dall’istante, il Fisco rileva che, l’operazione di aggregazione aziendale, non rappresenta l’epilogo di una manovra elusiva finalizzata all’indebito utilizzo, da parte del soggetto risultante dall’operazione, di perdite fiscali, interessi passivi ed eccedenze di ACE, maturati da società, partecipanti alla fusione, la cui attività economica sia ormai inesistente.
L’Agenzia osserva, altresì, che nel caso delle società Alfa e Beta, non si riscontra la possibilità che l’operazione di fusione produca alcuna compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali pregresse di una con i redditi dell’altra, poiché entrambe le società presentano perdite fiscali pregresse riportabili.
È anche esclusa la possibilità che intervenga un’accelerazione nella deduzione degli interessi passivi della società risultante dalla fusione, a seguito della predetta operazione, da realizzarsi attraverso “l’utilizzo” degli interessi attivi di Beta.
In virtù di tutto quanto esposto, le Entrate ritengono che, nella fattispecie in esame, possa essere disapplicato il comma 7, dell’articolo 172, del TUIR.