L’articolo 66 del TUIR (D.P.R. 917 del 22 dicembre 1986) disciplina la determinazione dei redditi per le imprese minori, ovvero i contribuenti in contabilità semplificata.
Si tratta di uno degli articoli del T.U.I.R che maggiormente è stato modificato, per non dire stravolto, dalla Legge di Bilancio 2017 (Legge 232 del 11 dicembre 2016), con l’introduzione del criterio “di cassa” per la determinazione del reddito in sostituzione del previgente criterio di competenza.
Dell’argomento si è ampliamente dibattuto nel corso dell’ultimo anno, anche con riferimento alle metodologie contabili riconosciute.
Ricordiamo, infatti, che ai sensi dell’articolo 18 del D.P.R. 600 del 29 settembre 1973 n. 600, anch’esso profondamente modificato dalla Legge di Bilancio 2017, è possibile, per i contribuenti semplificati che non intendano tenere traccia dei flussi finanziari ai fini reddituali, optare per un “accordo preventivo” con l’amministrazione finanziaria, stabilendo di determinare il reddito sulla presunzione che ogni documento contabile sia stato pagato o incassato all’atto dell’annotazione in contabilità. Si tratta dell’opzione (vincolante per un triennio almeno) di cui al comma 5 del summenzionato articolo 18 D.P.R. 600/1973, che va a dare valenza ad una “contabilità per cassa” che per cassa non è affatto.
Al di là, comunque, della previsione di cui al 18 comma 5, che costituisce effettivamente una stortura del principio stesso che si voleva introdurre, anche in presenza di contabilità semplificata predisposta secondo gli effettivi flussi finanziari, occorre ricordare che sono molte le voci che continuano a sottostare al principio di competenza.
Rivediamo i principi cardine previsti dall’articolo 66 del TUIR, richiamando brevemente le voci interessate ed i relativi richiami al T.U.I.R., la cui consultazione risulta indispensabile per la verifica delle singole poste.
Concorrono alla formazione del reddito delle imprese minori secondo il criterio di cassa i ricavi di cui all’articolo 85 (ricavi tipici, contributi ed altri, valore normale dei beni di cui all’articolo 85 assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, corrispettivi di talune cessioni di quote o partecipazioni) e i proventi di cui all’articolo 89 (dividendi ed interessi).
Secondo il medesimo criterio di cassa, sono deducibili le spese sostenute nel periodo.
Indipendentemente dall’effettiva percezione o pagamento (ovvero senza osservare il criterio di cassa), concorrono altresì al reddito i ricavi di cui all’articolo 57 (valore normale dei beni di cui all’articolo 85 destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore), i proventi di cui all’articolo 90 del TUIR (redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa), le plusvalenze (ex articolo 86 TUIR) e le sopravvenienze attive (articolo 88). Parimenti, seguono il criterio della competenza le minusvalenze e sopravvenienze passive di cui all’articolo 101.
Anche per quanto riguarda gli ammortamenti valgono le regole pregresse, così come per le perdite di beni strumentali e le perdite su crediti, deducibili a norma dell’articolo 101.
Sempre secondo il criterio di competenza dovranno essere considerate le spese relative alle prestazioni di lavoro (articolo 95 del TUIR), gli oneri fiscali e contributivi (articolo 99 del TUIR), gli oneri di utilità sociale (articolo 100 del TUIR), gli accantonamenti di quiescenza e previdenza (articolo 105 TUIR), gli interessi di mora (articolo 109 del TUIR), le spese relative a più esercizi (a norma dell’articolo 108).
Per quanto sopra risulta evidente che con la riformulazione dell’articolo 66 del TUIR ad essere stato introdotto non è un criterio di cassa, quanto più un criterio misto di cassa e competenza.
Per andare sul focus di cui al presente intervento, occorre ricordare che in caso di mutamento di regime contabile (o nel caso in cui il regime contabile sia sempre lo stesso, ma muti esso stesso nel funzionamento), può accadere che sia richiesto di “dare uno stop” alle posizioni che risultano pendenti dalla precedente configurazione contabile/fiscale.
Per quanto sopra qualche dubbio era sorto in merito al trattamento, nella fase di transito dal regime di competenza a quello di cassa (o meglio regime misto) per quanto riguarda le spese di manutenzione che, avendo ecceduto il limite del 5%, sono state rinviate a nuovo nel corso di precedenti esercizi.
La problematica discende dall’articolo 102 del TUIR, che al comma 6 prevede che “le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili. Per le imprese di nuova costituzione il limite percentuale si calcola, per il primo esercizio, sul costo complessivo quale risulta alla fine dell'esercizio. L'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi. Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, diversi criteri e modalità di deduzione. Resta ferma la deducibilità nell'esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del limite percentuale sopra indicato”.
In sede di Telefisco 2018 è stato chiarito che le spese di manutenzione di esercizi precedenti che hanno sforato il limite del 5%, e che, pertanto, sono state rinviate negli cinque anni successivi, continueranno ad essere dedotte secondo l’originario “piano”, anche da parte dei contribuenti in contabilità semplificata (ed indipendentemente dalla metodologia contabile prescelta).
Insomma, per quanto riguarda le quote di manutenzioni eccedenti si proseguirà come se nulla fosse cambiato, così come accade per altre fattispecie, per esempio nel caso di plusvalenze per le quali si è scelto in esercizi precedenti – ricorrendone i presupposti - di procedere con la rateizzazione.