Per le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, il comma 1 dell'articolo 3 del
DL. n.145/2013 prevede un credito d'imposta a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020 in misura pari al 25 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. La predetta aliquota viene elevata al 50 per cento con riferimento alle spese indicate nel comma 6-bis.
Nel quesito posto all’Agenzia delle Entrate
nell’interpello n. 477/2019, la società istante nel 2018 ha realizzato attività di ricerca e sviluppo, a fronte delle quali intende fruire del credito d'imposta.
Per lo svolgimento di parte delle attività di ricerca e sviluppo, si è avvalsa della collaborazione dell'Università, in forza di un'apposita convenzione stipulata sempre nel 2018, congiuntamente ad altre due imprese. Nella Convenzione viene stabilito che l’università si impegna ad attivare un posto di dottorato, la cui borsa è vincolata allo svolgimento di un tema di ricerca. La borsa di studio viene finanziata in quota parte dalla società istante e da altri due finanziatori. La società chiede se tale importo, riconosciuto dalla stessa all'università a titolo di corrispettivo per il finanziamento dell'assegno di ricerca, possa fruire dell'agevolazione prevista dalla disciplina fiscale del credito d'imposta per ricerca e sviluppo.
I contratti di ricerca
L’Amministrazione Finanziaria, con la
Circolare n. 5/E/2016, ha chiarito che ai fini dell'agevolabilità del costo sostenuto da parte della società, i contratti di ricerca stipulati con l’università devono prevedere che l'effettivo beneficiario degli eventuali risultati dell'attività di ricerca sia l'impresa committente.
Nel caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia, un articolo della convenzione stabilisce che
"le parti si riservano di volta in volta, con separati atti o nelle comunicazioni di invenzione, di definire, con riferimento ad eventuali risultati che deriveranno dalle attività condotte dal dottorando borsista, le percentuali di titolarità della proprietà, garantendo comunque al dottorando borsista i diritti ad esso spettanti sulla base dei regolamenti interni dell'Università in materia di proprietà dei risultati delle ricerche".
Pertanto l’Amministrazione Finanziaria ritiene che le spese sostenute dalla società istante siano ammissibili al credito per R&S per la quota parte riferibile al tempo effettivamente dedicato dal dottorando all'attività di ricerca e sviluppo, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, lettera c), del decreto legge n. 145/2013, nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015, a condizione che la società istante venga individuata quale beneficiaria dei risultati dell'attività di ricerca.
Ovviamente, detti costi dovranno considerarsi agevolabili anche nel caso in cui l'attività di ricerca svolta dal dottorando e regolata dalla Convenzione non dovesse portare alcun risultato.
È appena il caso di precisare che il beneficio fiscale spetta al verificarsi di tutte le condizioni di legge, in particolare modo della condizione che l'impresa sostenga spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 30.000. Si ricorda, infine, che, ai fini dell'imputazione temporale dei costi sostenuti, sono ammissibili al credito d'imposta i costi di competenza ai sensi dell'articolo 109 del
TUIR.