La sentenza della CTR Lazio n. 1050/2017 del 27.02.2017 offre una nuova occasione di riflessione in ordine alla complessa tematica del termine prescrizionale da applicare in ambito tributario.
In particolare, consente di approfondire la corretta interpretazione da attribuire all'art. 2953 c.c., con riguardo specifico all'operatività o meno della prevista conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, nelle ipotesi in cui l'accertamento sia divenuto definito per mancata opposizione nei termini previsti.
La controversia affidata al giudice di secondo grado nasce dal ricorso di un contribuente avverso un preavviso di fermo amministrativo con il quale Equitalia Sud spa, in relazione a diverse cartelle di pagamento per crediti tributari, intimava il pagamento delle somme dovute avvisando che in difetto avrebbe provveduto ad iscrivere la misura cautelare sul veicolo di proprietà del contribuente. Il ricorrente ha tempestivamente impugnato il preavviso sollevando in ricorso l'eccezione di inesistenza della pretesa tributaria per intervenuta prescrizione del diritto di credito contenuto nella cartella di pagamento. In particolare il ricorrente contestava che i crediti tributari portati nella cartella di pagamento, notificata in data 10 febbraio 2009, erano prescritti atteso che il fermo amministrativo veniva notificato solamente il 5 febbraio 2015, quando ormai era inesorabilmente decorso il termine di prescrizione quinquennale. La CTP di Roma respingeva l'eccezione, pertanto il ricorrente interponeva appello innanzi la CTR Lazio.
La Commissione Tributaria Regionale, facendo una corretta applicazione dei principi di diritto enunciati in materia dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza del 17 novembre 2016, n. 23397, ha riformato il decisum di prime cure.
Le S.U. sono state infatti investite del compito di stabilire se alla mancata opposizione nei termini di un atto amministrativo (es. cartella di pagamento) consegue, oltre che la cristallizazione della pretesa, l'ulteriore effetto dell'applicazione del termine decennale ordinario, in applicazione della disposizione di cui all'art. 2953 c.c., che disciplina la c.d. actio iudicati in forza della quale il diritto alla riscossione derivante da sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni.
Sul punto la Suprema Corte, risolvendo una disarmonia nella giurisprudenza di legittimità, afferma che: "la scadenza del termine, pacificamente perentorio, per proporre opposizione a cartella di pagamento produce il solo effetto della sostanziale irretrattabilità del credito ma non determina la "conversione" del termine di prescrizione breve in quello ordinario ai sensi dell'art. 2953 c.c. Tale principio si applica riguardo a tutti gli atti, comunque denominati di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti locali nonché alle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e cosi via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c. tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo".
Tale disposizione, giova ricordarlo, è norma speciale e non può applicarsi in via analogica ad altre fattispecie diverse dalla sentenza.
La suddetta norma, dunque, è applicabile esclusivamente quando il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l'atto amministrativo ma un provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo. L'atto amministrativo, sebbene abbia le caratteristiche del titolo esecutivo ed eventualmente anche del precetto (come accade per la cartella di pagamento), non è tuttavia idoneo ad acquistare efficacia di giudicato perché è espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A.
La decorrenza del termine perentorio per impugnare, pertanto, avrebbe quale unico effetto quello sostanziale dell'irretrattabilità del credito ma non produce alcuna conversione del termine prescrizionale breve in quello ordinario.
Alla luce di tale orientamento la soluzione adottata dalla Corte territoriale risulta corretta e conforme al diritto.
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