In tema di debiti verso l’Erario, il preavviso di fermo amministrativo notificato dall’Agente della riscossione costituisce un atto con cui si fa valere un credito e, come tale, è idoneo a incidere sul termine prescrizionale, interrompendolo.
È quanto emerge dall’ordinanza n. 5469/2019 della Corte di Cassazione (Sez. 6-5).
Il caso
La Commissione Tributaria Regionale per il Veneto ha confermato la sentenza del Primo giudice, che aveva dichiarato prescritto il debito per tributi camerali e altro, portato dal preavviso di fermo amministrativo oggetto del giudizio1.
È stato, quindi, accolto il ricorso del contribuente, che, nel contestare la pretesa fiscale, aveva eccepito la prescrizione dei crediti, che in precedenza erano stati oggetto di cartelle esattoriali, non impugnate.
Il Giudice di appello, in particolare, ha ritenuto che, sebbene le cartelle siano state notificate dal 20 novembre 2009 in poi e sebbene il preavviso di fermo a garanzia del pagamento dei crediti invece porti la data di notifica del giugno 2014, la prescrizione non poteva ritenersi interrotta, perché il preavviso non è atto con cui si fa valere un credito.
Inoltre – implicitamente - il Collegio Regionale ha attribuito ai crediti in contestazione una prescrizione quinquennale.
Stante quanto sopra, l’Amministrazione finanziaria ha deciso di sottoporre il caso ai giudici di legittimità.
L’iniziativa ha avuto successo.
Motivi di ricorso
La difesa erariale ha sostenuto che, in caso di cartella di pagamento non opposta, il termine di prescrizione si allunga a dieci anni, perché il credito tributario diventa credito pecuniario, sicché segue la regola di prescrizione ordinaria.
La difesa erariale ha poi denunciato violazione dell'art. 2943 cod. civ. per avere i giudici di appello ritenuto che la notifica del preavviso di fermo non è atto interruttivo della prescrizione.
Ebbene, quest’ultima censura è stata accolta dalla Suprema, che ha, quindi, dichiaro assorbita l’altra questione posta da parte ricorrente.
La decisione della S.C.
Il Collegio di legittimità ha affermato che il preavviso di fermo è un atto con cui il creditore fa valere il suo diritto al pagamento. Com’è stato altrimenti detto, è un atto funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell'Amministrazione finanziaria (Cass. n. 22018/2017; Cass. 26052/2011). In quanto tale, già per il solo suo contenuto di atto "informativo" della pretesa tributaria, è idoneo ad interrompere la prescrizione; ma esso vale anche come richiesta di pagamento, a garanzia della quale si avvisa che sarà iscritto il fermo, in caso di inadempimento.
Ritenuta l'efficacia interruttiva del fermo amministrativo, gli Ermellini hanno bollato come errata la decisione della C.T.R. veneta nella parte in cui ha ritenuto decorsa la prescrizione negando al fermo l'efficacia interruttiva.
Ne è conseguito il rinvio della causa al Collegio di merito, per la valutazione dell'incidenza del suddetto principio di diritto sul decorso dei termini di prescrizione.
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1Ai sensi dell’articolo 86 D.P.R. n. 602 del 1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), l’Agente della riscossione, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri.
La stessa norma, al secondo comma, dispone che: «La procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati è avviata dall'agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l'avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, salvo che il debitore o i coobbligati nel predetto termine, dimostrino all'agente della riscossione che il bene mobile è strumentale all'attività d'impresa» (testo in vigore dal 21 agosto 2013).
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