Le imprese estere controllate sono disciplinate dalla normativa conosciuta con il nome di “Cfc legislation” la quale prevede - al verificarsi di talune condizioni- la tassazione per trasparenza in capo ai soggetti controllanti residenti in Italia dei redditi prodotti all’estero dalle imprese del Gruppo multinazionale.
Il legislatore ha previsto la possibilità di disapplicare la tassazione per trasparenza Cfc sulla base della rilevanza di specifiche esimenti che, nel corso degli anni, hanno subito importanti modifiche.
In linea generale, qualora il soggetto residente avesse dimostrato che l’insediamento all’estero non rappresentava
una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale, ne conseguiva la non applicazione delle disposizioni in tema di Cfc white list, ex articolo 167, comma 8-bis, Tuir (in vigore fino al 31 dicembre 2018).
Ebbene, al fine di comprendere meglio la logica della disapplicazione Cfc è opportuno far riferimento a quanto esposto nell’
Interpello n. 254 pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate, il quale definisce che si può disapplicare la disciplina CfC e la tassazione integrale sui dividendi
se si riesce a dar prova che dall’investimento non è derivato alcun risparmio.
All’interno del summenzionato interpello viene stabilito che: il consenso alla disapplicazione della disciplina Cfc
è circoscritto ai redditi conseguiti dalla controllata, nell'esercizio chiuso al
31 dicembre 2017 e in ciascuno dei periodi d'imposta successivi in cui sussistono i presupposti di fatto e di diritto sulla base dei quali il parere dell'Agenzia viene reso. La stessa inerenza è da intendersi agli utili percepiti dai soci italiani nel 2017 e in ciascuno dei periodi d'imposta successivi in cui sussistono i presupposti di fatto e di diritto.
L’interpello prospettato riguarda una persona fisica, proprietaria di una società partecipata estera, che aveva richiesto la disapplicazione della normativa Cfc.
Considerato che
se il soggetto proprietario della suddetta quota,
somma quest’ultima con quella degli altri due soci, si determina la condizione di controllo di cui all'articolo 167, comma 1, del TUIR, il soggetto interessato chiede:
- la disapplicazione della CFC rule, in quanto ritiene di poter dimostrare la ricorrenza, nel caso di specie, dell'esimente di cui al successivo, comma 5, lettera b) per i periodi d’imposta 2016 e 2017;
- di non applicare l'imposizione integrale dei dividendi ai sensi dell'articolo 47, comma 4, del TUIR.
Nel caso esposto, il contribuente -a dire dell’Amministrazione Finanziaria- ha corredato idonea dimostrazione della congruità del carico fiscale scontato nello Stato Estero rispetto alla tassazione domestica italiana, sia con riferimento al periodo d’imposta 2016, che con riguardo al periodo d’imposta 2017.
L’Amministrazione Finanziaria, attraverso una esaustiva descrizione, afferma che
è possibile ottenere la disapplicazione dell’integrale tassazione in capo al socio residente dei dividendi di fonte estera provenienti da Stati o territori a fiscalità privilegiata,
a condizione che quest’ultimo dimostri che dalle partecipazioni non sia conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
Di contro invece, viene stabilito che la richiesta formulata rispetto al periodo d'imposta 2016 è inammissibile, per
assenza del requisito della preventività.
Altresì sono da analizzare nel merito la richiesta di applicazione della seconda esimente della CFC rule con riferimento al periodo d'imposta 2017 e la richiesta di disapplicazione dell'articolo 47, comma 4, del TUIR, per i dividendi percepiti nel 2017.
In definitiva dunque, si evince che summenzionata disapplicazione può essere soddisfatta dimostrando sia che l’investimento non ha dato origine a un significativo risparmio d’imposta, sia valorizzando il carico fiscale complessivamente gravante sui redditi della CFC. Inoltre l’Agenzia delle Entrate specifica che in seguito alla correttezza dei dati utilizzati ai fini del calcolo del tax rate effettivo estero, ritiene di poter riconoscere la sussistenza della seconda esimente ai fini della disapplicazione della disciplina CFC in capo alla controllata.