6 ottobre 2018

Esportatore abituale: sì alla detrazione dell’Iva conciliata

Autore: Pietro Mosella
L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’istanza d’interpello n. 28 del 5 ottobre 2018 ha fornito chiarimenti sull’applicazione dell’articolo 60 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e sull’articolo 11, comma 1, lett. a), Legge 27 luglio 2000, n. 212, relativamente alla detrazione dell’imposta versata.
Si premette che, l’articolo 60, settimo comma, del D.P.R. n. 633/1972, prevede che «il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l'imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione».

Il quesito – Una società, in qualità di committente ed esportatore abituale, nell’anno 2014, ha inviato al proprio fornitore e cedente una dichiarazione d’intento per la non applicazione dell’IVA, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
L’Agenzia delle Entrate, nel 2017, aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti dell’istante, con il quale aveva contestato la violazione del sopra citato articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 633/1972. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate e l’istante, hanno sottoscritto un accordo conciliativo, ai sensi dell’articolo 48 del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente pagamento dell’IVA accertata.
In virtù di tutto quanto sopra esposto, la società chiede al Fisco se sia possibile portare in detrazione l’imposta versata, ai sensi dell’articolo 60 del D.P.R. n. 633/1972.

La soluzione prospettata dal contribuente – Secondo l’istante, è possibile detrarre quanto corrisposto per effetto della conciliazione, nel rispetto del principio di neutralità dell’IVA.
Ciò, è sostenuto dal richiamo alla Circolare n. 35/E del 17 dicembre 2013, ove si precisa che, nel caso di splafonamento, assumendo il cessionario la veste di debitore d’imposta, lo stesso ha diritto alla detrazione di quanto versato a seguito di avviso di accertamento e sua definizione, secondo quanto previsto dall’articolo 60 del D.P.R. n. 633/1972.
L’istante, infatti, sostiene che, la possibilità di emettere un’autofattura, riportante i dati dell’avviso di accertamento e del pagamento effettuato, da registrare sul registro IVA acquisti, usufruendo, così, di una detrazione pari all’importo versato per sola IVA, sia consentita ogni volta che ci sia un errato utilizzo del plafond.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate – L’Agenzia, innanzitutto precisa che, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 633/1972, nell’ambito delle cessioni all’esportazione, è consentito all’esportatore abituale di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’IVA, nei limiti del plafond disponibile.
Inoltre, si specifica che, per poter usufruire del beneficio dell’utilizzo del plafond, l’esportatore abituale è tenuto a trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate un’apposita dichiarazione attestante la volontà di avvalersi di tale facoltà (c.d. “dichiarazione d’intento”) e, successivamente, a curarne la consegna al fornitore o in dogana.
In merito al fornitore, il Fisco osserva che, lo stesso, può effettuare operazioni senza applicazione dell’IVA una volta ricevuta la dichiarazione d’intento corredata della citata ricevuta e acquisita la prova dell’intervenuta trasmissione della medesima all’Agenzia delle Entrate da parte dell’esportatore.
Oltre a ciò, è opportuno ricordare che la Risoluzione n. 75/E del 14 settembre 2016, ha chiarito che, il già citato articolo 60, consente al contribuente, che ha subito un accertamento ai fini IVA, di riaddebitare a titolo di rivalsa al cessionario/committente la maggiore imposta accertata e versata.

A tal proposito, in merito alla modalità con cui esercitare la rivalsa e la detrazione dell’IVA pagata a seguito di accertamento, la Circolare n. 35/E/2013 ha fornito chiarimenti sul punto.
Relativamente all’ipotesi in cui siano stati contestati acquisti senza il pagamento dell’imposta oltre il limite del plafond disponibile, la suddetta Circolare, ha riconosciuto all’esportatore abituale la possibilità di esercitare direttamente il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a seguito di accertamento.

In virtù di tutto quanto sopra esposto, secondo il Fisco, poiché il cessionario/committente, in esito alla conciliazione conclusa ai sensi dell’articolo 48 del D. Lgs. n. 546/1992, ha versato l’intero ammontare dell’IVA dovuta in qualità di debitore d’imposta, nonché delle sanzioni e degli interessi, tornano applicabili i chiarimenti forniti con la Circolare n. 35/E del 2013 sopra richiamati.
L’Agenzia, quindi, conclude sostenendo che, la società istante può operare la detrazione dell’imposta versata (in assenza di limitazioni al suo esercizio e nei termini e con le modalità di cui al citato articolo 60, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972) prescindendo dall’emissione dell’autofattura.
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