9 giugno 2018

F24 “a zero”. Omessa presentazione emendabile in giudizio

Autore: Paola Mauro
Il contribuente, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria.

Alla luce di questo principio di diritto la Corte di Cassazione (Sez. 5 civ.), con l’Ordinanza n. 13931 del 31/05/2018, ha accolto il ricorso di un contribuente che non ha dichiarato attraverso l’apposito modello l’esistenza del credito portato in compensazione.

L’Agenzia delle Entrate ha emesso una cartella di pagamento per il recupero di imposte a seguito di controllo automatizzato ai sensi dell'articolo 36 bis del D.P.R. 600/73.

Il contribuente ha proposto ricorso sostenendo l’illegittimità della pretesa fiscale in quanto il credito risultante dalla dichiarazione era superiore al debito e l’omessa compilazione del modello F24 per la compensazione non configurava un omesso versamento in termini sostanziali.

La CTP accoglieva il ricorso, ma la decisione veniva riformata dalla CTR sul rilievo che, non avendo il contribuente presentato il modello F24 da cui si sarebbe potuto evincere che egli intendeva compensare un debito d'imposta con una parte del credito, la compensazione non poteva aver luogo.

Ebbene, i giudici di legittimità rilevano che il contribuente aveva certamente l'obbligo di presentare il modello F24 ancorché, per la sussistenza del credito d’imposta, il saldo fosse pari a zero, tuttavia, dall’omissione della presentazione del modello la CTR non poteva far derivare l'impossibilità di far valere il credito d’imposta.

Le Sezioni Unite, con la Sentenza n. 13378/2016, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all'art. 2 comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa ai periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l'amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dall'art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il rimborso dei versamenti diretti di cui all'art. 38 del dpr 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui all'art. 2 comma 8 bis dpr 322/1998. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall'art. 2 dpr 322/1998 e dall'istanza di rimborso di cui all'art. 38 dpr 602/1973, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria».
  • Ne consegue che, poiché, nel caso di specie, l’Agenzia fiscale non ha contestato l’esistenza del credito portato in compensazione, la pretesa del contribuente fatta valere in giudizio è fondata, benché egli non abbia dichiarato con l'apposito modello l'esistenza del credito stesso.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Suprema Corte ha deciso la causa nel merito, con accoglimento del ricorso originario del contribuente. Le spese dell'intero giudizio sono state compensate perché il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite è intervenuto in epoca successiva alla proposizione del ricorso.
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