9 novembre 2018

Ferie non godute: a fine rapporto il datore può anche non pagarle

Autore: Mattia Gigliotti
Se deliberatamente e consapevolmente, nonostante il datore di lavoro metta un proprio dipendente nella condizione di fruire delle ferie, quest’ultimo decida di non esercitare tale diritto, secondo le norme Ue il datore può evitare di dover corrispondere l’indennità sostitutiva per le ferie non godute.

Questa, in sostanza, la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea statuita con la sentenza relativa alla causa C-684/16, emessa in data 06.11.2018 a seguito del ricorso presentato da un lavoratore al quale, al termine del rapporto di lavoro, è stata rigettata la richiesta di liquidazione dell'indennità di ferie non godute.

Più precisamente, il datore di lavoro (una società tedesca), circa due mesi prima dal termine del rapporto lavorativo, aveva invitato il proprio dipendente a fruire delle ferie residue, senza tuttavia costringerlo a osservare date prefissate. Il lavoratore, dal canto suo, aveva però deciso di fruire di soli due giorni di tutto il periodo di ferie maturato, chiedendo pertanto il pagamento dei giorni residui non goduti.

La società – facendo riferimento al dettato normativo dell’articolo 7, paragrafo 3 della legge federale – ha respinto la richiesta fatta dal proprio dipendente. La norma citata dispone, infatti, che “le ferie devono essere concesse e godute nell’anno in corso. Un riporto delle ferie all’anno successivo è ammissibile solo qualora sussistano rilevanti ragioni legate alla gestione dell’impresa o alla persona del lavoratore (…)”.

Secondo il datore di lavoro, dunque, non essendosi presentate ragioni ostative al godimento entro l’anno in cui sono state riconosciute, le ferie dovevano considerarsi estinte.

Per questa ragione, il lavoratore ha presentato ricorso all’autorità giudiziaria tedesca per ottenere il riconoscimento del proprio diritto a godere del pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie residue non fruite. Richiesta che è stata accolta sia in primo che in secondo grado di giudizio.

A questo punto, la società datrice di lavoro si è rivolta alla Corte federale del lavoro tedesca che, sospendendo il procedimento in questione, ha sottoposto il giudizio alla corte di giustizia dell’Unione europea.

I giudici della Suprema Corte europea, richiamando i principi contenuti nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori e nell’articolo 7 della direttiva comunitaria 2003/88CE, hanno stabilito che un lavoratore non può perdere automaticamente il diritto alle ferie annuali non godute per il solo fatto di non averle richieste prima dal termine del rapporto di lavoro.

Secondo il disposto dell’articolo 7 appena richiamato “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.
Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro”.

Tuttavia, laddove il datore di lavoro fosse in grado di dimostrare di aver messo il dipendente nelle condizioni di fruire delle ferie annuali e quest’ultimo avesse deliberatamente e consapevolmente deciso di astenersi dal farlo, secondo il parere dei giudici della Corte di giustizia europea “le norme Ue non sono contrarie alla perdita di tale diritto e neppure, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla perdita del correlato diritto a un'indennità sostitutiva”.

Pertanto, i lavoratori dipendenti che dovessero rinunciare deliberatamente al godimento delle ferie residue in vista della fine del rapporto lavorativo, con l’intenzione di incrementare il valore dell’ultima busta paga, potranno ricevere, legittimamente, un rifiuto da parte del proprio datore di lavoro.

Il diritto alle ferie è, infatti, riconosciuto affinché il lavoratore possa beneficiare di un periodo di effettivo riposo, tale da garantirgli una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute.

Infine, la Corte europea precisa che tali principi si applicano sia nel caso di dipendenti del settore pubblico che di lavoratori occupati nel settore privato.

Da qui in avanti, dunque, tutti i lavoratori e le aziende dei paesi dell’Unione europea (Italia compresa) dovranno attenersi a tale principio.
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