17 dicembre 2018

Inerzia sull’istanza di sgravio. Niente sconto sulle sanzioni

Autore: Paola Mauro
Il contribuente non può pretendere la riduzione delle sanzioni dovute in caso di tardivo pagamento delle imposte quando la violazione non è solo conseguenza dell’inerzia o dell’errore dell’Amministrazione ma anche della sua stessa condotta.

È quanto emerge dall’Ordinanza n. 31400/2018 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, depositata il 5 dicembre.

In seguito al controllo automatizzato ex art. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973, una Società ha ricevuto la notificata di una cartella di pagamento recante un importo di circa 90 mila euro, comprensivo degli aggi, a titolo di sanzioni iscritte a ruolo dall’Agenzia delle Entrate per omesso o carente versamento di IRES e IRAP.

La Società in questione ha presentato all'Ufficio istanza di sgravio ritenendo che nel controllo automatizzato non si fosse tenuto conto di crediti d'imposta risultanti dalla dichiarazione relativa all'anno precedente.

All’istanza non seguiva tuttavia alcuna risposta, nonostante il funzionario ricevente avesse manifestato incertezze sulla conferma o meno della contestazione.

Nell'avvicinarsi del termine per il pagamento, la Società si avvedeva di aver commesso essa stessa un errore di calcolo e decideva, visto il reiterato silenzio dell’Amministrazione, di proporre ricorso avverso la cartella, affermando il diritto alla riduzione delle sanzioni a un terzo.

Ebbene, nei primi due gradi di giudizio il ricorso della Società è stato rigettato, e anche il giudizio di legittimità ha avuto per lei esito negativo.

Per la Suprema Corte, infatti, il Giudice di appello non è incorso, contrariamente a quanto affermato dalla contribuente, nella violazione e falsa applicazione dell'articolo 10 della L. n. 212 del 2000, per avere escluso che il tardivo pagamento di quanto dovuto fosse dipeso da ritardi e omissioni dell’Agenzia delle Entrate.

Secondo la contribuente, se l'Amministrazione, interpellata per tempo, avesse dato una celere risposta, anche solo affermando che non era dovuto lo sgravio richiesto, non avrebbe dato adito a equivoci sul fondamento dell'istanza stessa di sgravio e, di conseguenza, il pagamento sarebbe stato eseguito con tempestività.

Gli Ermellini, dal canto loro, hanno osservato che, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. 6-5, Ord. n. 537/2015), in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'articolo 10, commi 1 e 21, dello Statuto del contribuente, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata:
  • da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente;
  • dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo;
  • dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono, tenendo conto che i casi di tutela espressamente enunciati nel secondo comma dell’art. 10 (attinenti all'area della irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi), sono relativi a situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, senza con ciò limitare la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti.

Nel caso in esame, il Giudice d'appello – scrivono gli Ermellini - «ha esplicitato in modo esauriente la sequenza delle circostanze e delle condotte, addivenendo alla esclusione della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'invocato art. 10, secondo un ragionamento coerente con la portata esegetica della norma stessa. Nella fattispecie infatti manca una condotta della Amministrazione, anche solo apparentemente favorevole al contribuente, così come deve escludersi la correttezza della condotta della contribuente, sia perché la vicenda trova causa in un proprio errore, la cui tardiva scoperta non può certo imputarsi a terzi, men che meno alla Amministrazione, sia perché nulla le impediva il pagamento tempestivo all'approssimarsi del termine di trenta giorni dalla ricezione della cartella».

Il Giudice di Appello, dunque, con riguardo al diniego in merito alla richiesta della Società di riduzione delle sanzioni a un terzo, ha assunto una decisione corretta. E lo stesso può dirsi per quanto riguarda l’altra lamentela della contribuente, relativa alla violazione dell'articolo 6, comma 22, della L. n. 212 del 2000, per il fatto che l'Amministrazione, a seguito del controllo formale ex art. 36 bis cit., ha omesso di comunicare l'irregolarità, istaurando un contradditorio preventivo.

La Suprema Corte ha spiegato che la comunicazione di irregolarità non è necessaria nell’ipotesi di riscontro «di meri errori materiali, primo tra tutti l'aver dichiarato un importo di imposta, cui poi non corrisponda il conseguente versamento, oppure l'erroneo calcolo aritmetico tra reddito percepito, oneri deducibili e detrazioni ai fini della determinazione dell'imposta, in questo caso con il controllo automatizzato dandosi luogo alla correzione di un mero errore che non richiede interlocuzione con il contribuente e dunque comunicazioni preventive alla emissione della cartella».

Di conseguenza, nel caso di specie – afferma la Corte - «non vi era obbligo di instaurare alcun contraddittorio, discendendo gli esiti del controllo automatizzato e la conseguente cartella da un mero errore materiale commesso dalla contribuente, e come tale riconosciuto da essa stessa, che lo definisce "un banale errore contabile"».

In conclusione, il ricorso è stato rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali, in favore dell’Agenzia delle Entrate.

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1Legge del 27/07/2000 n. 212 - Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.
Articolo 10 - Tutela dell'affidamento e della buona fede. Errori del contribuente
1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.
2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa […].
2Legge del 27/07/2000 n. 212 - Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.
Articolo 6 - Conoscenza degli atti e semplificazione
« […] 2. L'amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l'irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito.[…]».
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