Il
comma 3 dell’art. 7 del decreto legge n. 351 del 15 settembre 2001, ai fini fiscali, prevede un regime di non imponibilità relativamente ai proventi derivanti dalla partecipazione a fondi immobiliari italiani percepiti da OICR esteri, fermo restando che siano istituiti in Stati e territori inclusi nel decreto ministeriale 4 settembre 1996, e successive modificazioni e integrazioni, la così detta “white list”.
Tale chiarimento è stato fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a
interpello n. 655/2021.
Il fondo comune di investimento OICR costituito in forma di patrimonio autonomo è suddiviso in quote ed è istituito e gestito da un gestore. Tale definizione emerge dall’articolo 1, comma 1, lettera j) del testo unico di finanza approvato con il
decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 (TUF). La successiva lettera k) considera la funzione economica dell’OICR, ossia la gestione collettiva del risparmio raccolto tra pluralità di investitori e l’autonomia delle scelte di gestione della società di gestione rispetto all’influenza dei partecipanti, come caratteristiche imprescindibili.
La
risoluzione n. 54/E del 18 luglio 2013, chiarisce che “
tale disciplina non si applica solo in caso di partecipazione diretta al fondo immobiliare, ma anche nell’eventualità che l’investitore estero partecipi, insieme ad investitori esteri con gli stessi requisiti, in misura totalitaria in veicoli societari che pongono in essere l’investimento, sempre che anche questi siano residenti in Paesi white listed”.
Per quanto riguarda l’identificazione dei soggetti ai quali non si applica la ritenuta, è stato precisato che gli OICR esteri sono quei soggetti che in conformità con la normativa vigente dello Stato estero in cui sono istituiti, soddisfano i requisiti sostanziali e le stesse finalità di investimento dei fondi e degli organismi italiani, a prescindere dalla loro forma giuridica anche se sono privi di una soggettività tributaria, a condizione che sussista una forma di vigilanza sul fondo o organismo cioè sul soggetto incaricato della gestione dello stesso, come dispone la
circolare n.2/E del 15 febbraio 2012.
In merito alle strutture REIT (Real estate investment trust), si evidenzia come la circostanza che le attività commerciali intraprese dai REIT siano simili a quelle sottostanti gli investimenti da parte dei fondi immobiliari è irrilevante ai fini di una eventuale assimilazione degli stessi ai fondi ossia ad organismi di investimento collettivo del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori, gestito in autonomia degli stessi e in base ad una politica di investimento fissa e predeterminata in un arco temporale ben definito e con specifici profili di rischio/rendimento non modificabili dal gestore.
L’European Public Real Estate Association (EPRA) sostiene che, solitamente, tali soggetti non presentano le caratteristiche per poter essere annoverati alla categoria dei fondi in quanto:
- non hanno una politica di investimento predefinita ma dispongono semplicemente di una “strategia commerciale”, tipica dell’impresa, modificabile, di volta in volta, in base a valutazioni opportunistiche di gradimento da parte degli investitori e del mercato;
- non hanno un’attività limitata nel tempo ma sono caratterizzate da un “perpetual business”;
- hanno uno scopo commerciale e, in generale, utilizzano la struttura di società.