Se il complesso delle prestazioni di servizi bibliotecari include sia attività che potrebbero essere riconducibili tra quelle “proprie delle biblioteche” e sia attività e prestazioni non riconducibili nell’ambito applicativo della norma, al corrispettivo unico e indistinto previsto dal contratto di appalto per l’affidamento del complesso delle prestazioni di servizio non è possibile applicare la norma di esenzione dell’Iva, di cui all’
art. 10, comma 1, numero 22), del DPR n. 633 del 1972.
Con la risposta ad
interpello n. 763 dell’8 novembre 2021, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito al trattamento fiscale applicabile all’affidamento di una serie di prestazioni di servizi effettuate nell’ambito di una biblioteca, delineando le situazioni in cui è applicabile l’esenzione e viceversa.
Nella fattispecie prospettata, è delineato un insieme di servizi bibliotecari che dovrebbero esser affidati – mediante apposito contratto di appalto – a terzi. Tali servizi trovano svolgimento in una Biblioteca ubicata preso un Complesso monumentale.
Nel suo classico excursus normativo, il Fisco, preliminarmente, richiama l’articolo 10, comma 1, numero 22) del DPR n. 633/1972 per ricordare quelle che sono le prestazioni per cui è prevista l’esenzione Iva.
In particolare, l’esenzione dall’Imposta sul valore aggiunto è prevista per le prestazioni proprie delle biblioteche, discoteche e simili e per quelle inerenti alla visita di musei, gallerie, paninoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici, zoologici e simili. Tale disposizione risulta esser conforme con l’
articolo 132 della Direttiva del Consiglio Europeo n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006, il quale dispone che gli Stati membri possono esentare dall’Iva, tra le prestazioni, anche quelle inerenti a “talune prestazioni culturali”.
L’Amministrazione Finanziaria pone l’attenzione sulla valenza oggettiva della norma, in quanto, l’esenzione in esame è prevista a prescindere dal soggetto che fornisce le prestazioni. In effetti, il tenore letterale della medesima non fa alcun riferimento ai soggetti che possono rendere le attività o ad eventuali beneficiari.
In linea generale, considerata la natura oggettiva della norma di esenzione, al fine dell’applicazione della stessa è necessario stabilire se le prestazioni rese dai soggetti possano o meno essere riconducibili tra le prestazioni proprie delle biblioteche.
In casi come questi, per una questione di semplice chiarezza, è importante definire dal punto di vista normativo che cosa sia una Biblioteca. Al riguardo, il
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 41 – recante il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio – all’articolo 101, comma 2, lettera b), stabilisce che per biblioteca si intende una struttura permanente che raccoglie e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio.
Pertanto, per prestazioni proprie e, quindi “tipiche” che connotano una struttura come la biblioteca, si intendono: la raccolta, la catalogazione, la conservazione, l’archiviazione e la consultazione, anche su supporti informatici, di libri o di altro materiale utile per finalità di studio e ricerca.
Sulla base di quanto suesposto, rientrano nella disposizione di cui al citato articolo 10 unicamente le prestazioni delineate nella norma con esclusione di altre non espressamente indicate. Pertanto, se il complesso delle prestazioni include anche quelle non previste dalla disposizione normativa è da ritenersi esclusa la possibilità di applicare al corrispettivo unico la norma di esenzione dall’Iva.