6 aprile 2018

IVA ordinaria sulle prestazioni veterinarie

Autore: Paola Mauro
Le prestazioni erogate dai medici veterinari "esterni" alle Aziende Sanitarie Locali sono soggette all’aliquota IVA ordinaria, in quanto non può trovare applicazione ex art. 10 d.P.R. n. 633/72. È quanto emerge dalla sentenza n. 2724/07/18 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, secondo la quale restano escluse dal campo dell’applicazione dell’imposta le prestazioni veterinarie rese dalle Aziende Sanitarie Locali qualora operino in veste di "pubblica autorità" con l’utilizzo di propri dipendenti (e non con professionisti esterni) e in contesto di finalità generali di tutela della salute pubblica.

Il giudizio nasce da un avviso di accertamento emesso nei confronti di un medico veterinario - incaricato come consulente esterno dall’Asp di Enna - con cui l’Agenzia delle Entrate ha recuperato a tassazione l’IVA sulle prestazioni veterinarie fatturate in regime di esenzione.

La Difesa del contribuente ha sostenuto, fra l’altro, la violazione:
  • dell’articolo 10, n. 18, del d.P.R. n. 633/1972, secondo cui sono esenti dall’imposta «le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, […] ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, […] di concerto con il Ministro delle finanze»;
  • dell’articolo 4, quinto comma, del medesimo d.P.R., nella parte in cui prevede l’esenzione da IVA per le operazioni effettuate «nell'ambito di attività di pubblica autorità».

Ebbene, il Giudice di prime cure ha dichiarato legittima la ripresa a tassazione, ma ha disapplicato le sanzioni (art. 8 D.lgs. n. 546/1992) per le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni violate.

La decisione del Primo giudice è stata integralmente confermata dalla CTR della Sicilia la quale, per quanto è qui di interesse, ha osservato che l’art. 10, n. 18, del d.P.R. 633 del 1972 ha subìto modifiche in seguito alla entrata in vigore dell’art. 30 della L. n. 428 del 1990; «Tale ultima norma ha delimitato il trattamento delle esenzioni alle sole prestazioni mediche e paramediche rivolte ("rese") alla "persona", nell’esercizio delle professioni e delle arti sanitarie. Ne consegue che le prestazioni dei Medici veterinari (in quanto non rivolte, ovvero "rese", alle persone) sono soggette alla aliquota IVA ordinaria. Restano tuttavia escluse dal campo dell’applicazione dell’imposta le prestazioni veterinarie rese dalle aziende sanitarie locali qualora operino in veste di “pubblica autorità” e in contesto di finalità generali di tutela della salute pubblica». Tale fattispecie è però riscontrabile qualora l’Azienda sanitaria presti il servizio di "pubblica autorità" con l’utilizzo di propri dipendenti e non con professionisti esterni che non sono titolari di potere certificatorio, controllo e vigilanza: cosi come previsto dall’art. 14 L. n. 833 del 1978 e dalla L. n. 502 del 1992, che attribuiscono specifiche autorità e qualità ai dirigenti veterinari incardinati nei ruoli delle Asp. «Ne consegue che l’esclusione dal campo dell’IVA è possibile soltanto qualora l’Asp operi la prestazione in veste di "pubblica autorità", ovvero direttamente a mezzo di proprio personale».

Alla luce di questi rilievi la CTR della Sicilia ha reputato l’appello (principale) del contribuente infondato e pertanto lo ha rigettato.

Anche l’appello incidentale presentato dall’Ufficio ha meritato il rigetto, perché per la CTR è giusto disapplicare le sanzioni tenuto conto del fatto che il contribuente ha ampiamente esposto«l’obiettiva difficoltà interpretativa e la complessità della disciplina in esame».

Secondo la Corte di Cassazione, infatti, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il potere delle Commissioni tributarie di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme, cui la violazione si riferisce, sussiste quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione; l’onere di allegare la ricorrenza di siffatti elementi, se esistenti, grava sul contribuente (Sez. trib., 14/03/2012, n. 4031).

Le spese del giudizio sono state compensate.
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